922 Libro III. Giulio II. 1503-1513. Capitolo 8. dopo la morte di Giulio II così ebbe a dire nella sua orazione funebre tenuta ai cardinali : « La città ch’egli trovò plebea, sparuta, sudicia, convertì in pulita, piena di decoro, degna del nome romano. Messe insieme le costruzioni sorte per opera dei Savonesi nel periodo di (quarantanni, esse formerebbero la vera Roma. Il resto, mi si perdoni il termine, non eran che capanne».1 Da queste parole esagerate si vede quale impressione producesse sui contemporanei l’attività edilizia di Giulio II. Gli immensi progetti del papa assorbivano tutto ciò che potesse trovarsi in Roma di forze capaci. - Mentre era ancora in vita il pontefice, il dotto canonico Francesco Albertina aveva sotto forma di guida descritto insieme all’antica anche « la nuova Roma » di Niccolò V, Sisto IV e Giulio II, che s’era levata possente in mezzo alle pittoresche costruzioni antiche e medievali. Egli è un vero piacere aggirarsi, condotti quasi a mano da questo contemporaneo, per l’antica incantevole città, detta a ragione la eterna, e venir fatti attenti da una tal guida a tutta la ricchezza che all'occhio stupito del passeggere si offriva ai tempi di Giulio II. Il dotto canonico, descrivendo la nuova Roma, mette in testa le chiese e cappelle, ricordandone circa 100, che gli sembravano degne di nota. L’elenco degli edilìzi civili comincia coi palazzi pontifici, fra i quali computa anche il Campidoglio ampliato e abbellito da Bonifacio IX, Martino V, Sisto IV e Innocenzo Vili. Seguono i palazzi dei cardinali e dei cittadini privati romani, in tutto più di 40. L’Albertini s’astiene dall’enumerare le torri perchè ogni abitazione di cardinale ne aveva una. Dopo gli ospedali vengono descritte le biblioteche. Castel S. Angelo e Belvedere sono trattati a sè, come pure i portici delle chiese, le strade e piazze:, ì più importanti sepolcri, le porte di bronzo e le colonne, la zecca, fontane e ponti. La chiusa è formata da un prospetto degli edifìci ordinati da Giulio II. Non ostante la sua brevità e aridità il piccolo scritto ci dà una buona idea della pienezza e varietà di vita artistica di cui ebbe a godere quel periodo unico forse nella storia. Clero, nobiltà e borghesia, eccitati dall’esempio del papa, facevano a gara nel favorire le arti. Specialmente la decorazione artistica della casa, sia per la disposizione architettonica deU’edificio, sia per preziosi oggetti d’arte, era diventata una cosa indispensabile per chiunque teneva al titolo di persona colta. La dovizia di opere d’arte era quindi così straordinaria, che persino le maggiori creazioni, come per es. il ciclo di affreschi nel cortile della Minerva fatto eseguire dal celebre cardinale Torquemada, non trovano più 1 Fea, Notizie 52. 2 Cfr. Steinmann II, 72 s. ; Böhmer. Rom fa li rt 110.