La statua in bronzo di Giulio II. 931 Michelangelo aveva rappresentato il papa seduto in grandezza tre volte più del naturale, vestito degli abiti pontificali col triregno in testa, in una mano le chiavi, l’altra levata in alto. « In atto di benedire o di maledire?» dimandò il papa. «Essa minaccia questo popolo — replicò l’artista — ove non metta giudizio». L’opera incontrò generale ammirazione.1 Sembrava fatta per l’eternità, ma non doveva sussistere che per breve tempo. Già il 30 dicembre del 15112 essa cadeva vittima dell’odio della fazione bentivo-gliesca, dai sentimenti francesi e rivoltatasi contro l’opprimente signoria del legato Alidosi, la quale nel maggio aveva distrutto anche la figura in stucco del papa collocata sul pinnacolo del palazzo municipale.3 Nel cadere quel colosso di bronzo del peso di 14000 libbre affondò nel terreno, sebbene vi si fossero ammucchiate paglia e fascine. La mirabile statua fra scherni e dileggi venne ridotta in frantumi ; Alfonso di Ferrara fece gittare con quel metallo un grosso cannone, che per dileggio del papa dicesi fosse chiamato : La Giulia. La testa del peso di 600 libbre si conservò a lungo in Ferrara, ma poi scomparve- Tale fu la fine della « più bella statua d’Italia, anzi di tutto il mondo », come chiama una cronaca bolognese l’opera, di cui non s’è conservato nè uno schizzo nè un disegno.4 Terminata la statua di bronzo, Michelangelo erasi ricondotto nella sua Firenze, dove però non si potè trattenere, poiché fin dal marzo del 1508 Giulio II lo chiamò a Roma, non già per finire la sepoltura, ma per dipingere il soffitto della cappella Sistina.5 Questa, una volta cilindrica schiacciata riposante su lunette mancava di qualsiasi decorazione figurata: secondo antica tradizione essa presentava semplicemente l’azzurra volta del cielo scintillante di stdle, una decorazione troppo meschina per la cappella palatina i Si Phidias statuarius vixisset non creditur hac statua noMliorem facete potuisset, scrisse Giov. iSabadini degli Arienti il 24 febbraio 1508; vedi Luzio-Remfk, Coltura c rei. lett. d'isalt. d’Esle II, 4, 52 ss. - Non settembre, come hanno Stringer -111 e Githl I, 125. 3 Podestà, Due statue 114 s. * Podestà, Due statue 119 s. Goezadini, Alcuni avvenimenti IV, 243. Fea, Xotizie 25. Grimm, Michelangelo I», 401. HaVEMànn II 304. Steinmann II, 3tl, 550 ss. Thode IV, 118. Lettere edite da Campori in Atti dell’Emilia N. iS. VI (1, 131 s., mostrano la collera del papa e le tardive magre scuse del duca. Le vicende di quella statua furono subito cantate in versi latini e italiani da poeti contemporanei. Vedi Campori loc. cit. 132 e Cappelli, Prefaz. alle lettere di L. Ariosto (Bologna 1866) lix. Sulla caduta della statua cfr. l’interessante relazione di un testimone oculare tedesco, Gregorio Angrer, pubblicata da Sohxbcht in Róm. Quartalschr. XVII, 100 ss. s Cfr. Svmonds I, 198. Frey, Studiai 95. Sui motivi del ritorno a Firenze vedi Klaczko, Jules II 73-74.