874 Libro III. Giulio II. 1503-1513. Capitolo 8. del 1503 egli fece capire a Giulio II quanto il mondo umanistico si attendesse da lui, e cercò in tal modo di avvicinarlo.1 I tempi burrascosi resero impossibile al papa di soddisfare queste vaste speranze ed è significativo al proposito, che il Bembo si recò alla corte di Urbino. Di qua egli visitava spesso la città eterna e i suoi amici che qui dimoravano, come il Sadoleto, Camillo Porcio, Jacopo Gallo, Beroaldo e Inghirami. Dietro raccomandazioni della duchessa d’Urbino, del Cardinal nepote Galeotto e di Emilia Pia il Bembo nel 1510 ottenne dal papa tali attestati di favore, che si potè consacrare in onoratissimo ozio ai suoi studi. Per mostrare al papa la sua gratitudine egli decise di dedicargli il suo dialogo sopra il duca Guidobaldo da Urbino, però ne smise l’idea sembrandogli il detto lavoro non abbastanza proporzionato alla grandezza e all’altezza del suo protettore.2 Prima ancora di dedicargli un’opera più grande, Giulio II gli affidò un compito altrettanto diffìcile, che onorifico. Nell’anno 1512 il papa aveva ricevuto un manoscritto, la cui scrittura nessuno era in grado di decifrare. Proprio allora il Bembo era venuto a Roma e avea preso stanza in casa dell’arcivescovo di Salerno, Federigo Fregoso. A lui toccò il compito di risolvere l’enigma. Egli riuscì infatti a dimostrare che il codice scritto in stenografia romana, le cosidette note tironiane, conteneva un brano del commentario d’Igino de Side-ribus. In una lunga lettera, in cui celebra Giulio II come protettore delle scienze, egli narra in modo attraente come sia riuscito a scoprire il segreto.3 In ricompensa ricevette dal papa una ricca prebenda in-Bologna.4 Quanta stima riscuotesse il Bembo a Roma, si vede dalla sua accettazione nell’accademia ; lo stesso onore fu fatto al modenese Francesco Maria Molza, che allato al Bembo era il principale rappresentante della lirica italiana del tempo. Il Molza era venuto a Roma fin dal 1506.5 Ad un ulteriore rigoglio dell’accademia romana, che colla morte di Pomponio Leto aveva perduto il suo principale appoggio i Bembo Epist. famil. II, 20 (ecL Basii, p. 462 s.). = V. la lettera a Sigismondo de’ Conti, ed. Basii, p. 563. s Epist. famil. S: cfr. Roscoe li, 42 s.E. Chatelain (Le tnanuscrit d'Uw yyn en notes tironiemws, in Iier. des bibliothèques XIII [1903] : cfr. Comptc*-rendita dei séances de l’Acad. des Inscr. et bclles-lettres, marzo-aprile 1908, 169-174) crede di potere identificare il manoscritto in questione con un codice dell’Ambrosiana. * Mazzi;cchhlìi II 2, 738 s. La contestazione sul possesso del benefici') fatta subito al Bembo, dipese a mio avviso dalla morte di Giulio II seguita di lì a poco. Sui benefizi ecclesiastici del Bembo v. le notizie, a dir vero non complete, di Ferrajom in Arch. (i. Soc. li »dì. di st. patr. XXXVII, >-413 ; p. 465 ss. il decreto della collazione della commenda a S. Giovanni in Bologna, che fruttava 400 ducati. s Reumont III 0, 327. Cian dn Gioni. <1. Lett. ital. XXIX, 44tl. ììl.amd>'*i Il Cinquecento 226 s., 330 s. Baumgabtker, Yeltlit. VI, 301 s.