752 Libro III. Giulio II. 1503-1513. Capitolo 5. del suo pontificato, che era la liberazione della Santa Sede e della sua patria dall’opprimente dipendenza francese, la cacciata degli stranieri, dei barbari, dall’Italia. « La sua a^ima nobile era piena di disegni alti e urgenti per tutta li’Italia ».1 Quanto fosse arduo e pericoloso il tentativo di purgare la penisola degli Appennini dagli stranieri, era cosa evidente. Nemmeno Giulio II si dissimulava che erano necessari sforzi supremi onde liberarsi dagli spiriti, che egli nella sua distretta aveva chiamati, ma non dubitava di riuscirvi. Giorno e notte egli pensava al modo di liberare l’Italia dalle mani dei Francesi.2 Egli aveva imparato a conoscere abbastanza la potenza e l’ambizione di costoro nel campo ecclesiastico 3 e politico. Egli vedeva da esse spadroneggiate Firenze e Ferrara, soggiogata Milano, tenuta legata la sua Genova dalla costruzione di una nuova fortezza, abbattuta con un sol colpo Venezia dal suo alto fastigio. «Non c’era quindi da temere per la libertà della Sede romana, la quale col tramontare della libertà d’Italia non avrebbe potuto andar salva »?3 i Giudìzio di Ranke. Rom. und. germ. Völker 249.. Cfr. Fueter. Europ. Staatensystem 273ss. Di Venezia lo stesso Giulio II diceva al Trevisano: < S»1 quella terra non fusse, bisogneria farne un’altra ». Sanuto X, 82. In Miscelimi' " di studi critici ed in on. di A. Graf, Bergamo 1903, 369-378, G. Crocioni pubblio1 un Capitolo all’Italia del Notaio Peregrino di Paolo di Lorenzo di quel temi" ■ in cui si lamenta la miseria d’Italia pastura facta de’ Galli,... preda data tramontani. Il lavoro di Fk. Ferrata, L’opera diplomatica pontificia, nel trit i > " 1510-18 e l’opposizione del Concilio Lateranense a quello scismatico di P<*a (1511-12: dissert. per laurea), Grotte di Castro, 1910, in sostanza nulla offre di nuovo nè per la diplomazia pontificia nè pel conciliabolo di Pisa e pel c011' cilio lateranense. I due capitoli dell'opera nostra non solo ne sono di fa'1'1 la fonte principale, ma il testo di essa con note e citazioni vengono per lo pi trascritti per mezze pagine senza che l’opera mia venga nominata salvo che nella bibliografia. L’appendice offre alcuni pochi documenti per la storia Pisano, che sono addotti in quanto segue. - All’ambasciatore veneziano Donato Giulio II il 14 maggio 1510 di>'( « Questi Francesi mi à tolto la fame e non dormo e questa note mi levai a lu sizar per camera che non poteva dormir, il cor mi dice bene, ho spermi'-di bene, son stato in gran affanni per il passato, concludendo è volontà ‘ 1 Dio di castigar el ducila di Ferrara e liberar Italia de’ man de France-i Sanuto X, 369. iChe Giulio II abbia profferito alla lettera il famoso ni"' amh'oggi frequentemente citato: Fuori- i barbari! non l'ha potuto provali’ bibliofilo italiano Fumagalli (CM l'ha detto, Milano 1S94). Che perö il 1” siasi espresso in questo senso non c’è alcun dubbio. Non solo lo provano m"-passi in Sanuto, Ima anche il Guicciardini assicura che Giulio II più espresse il desiderio che l'Italia « rimanesse libera dei Barbari ». Si cfr. ] j la relazione d’un altro storico di quel tempo : Jovius, Vita Leonis X, li1'-p. 59. 3 Cfr. Galante 27, 66 s. * Jovius, Vitae II, 31. Havemanh II, 323.