222 Libro Ì. Innocenzo Vili. 1484-1492. Capitolo ‘ì. tosto del ponte Nomentano, stendendo le loro scorrerie fin sotto le porte di Roma. In città nacquero i più gravi disordini. In mezzo allo smarrimento generale un uomo solo serbò il sangue freddo : il Cardinal Giuliano della Rovere. Se Roma non cadde in mano dei nemici, i quali riponevano ogni speranza nel soccorso che loro sarebbe venuto dalla città stessa, il papa lo dovette alla ferrea energia di questo prelato, che non si dava tregua nè giorno nè notti . Nelle fredde nottate di dicembre lo si vedeva insieme ai cardinali Colonna e Savelli ispezionare le scolte delle porte e delle mura. Il Vaticano venne convertito in fortezza, l’abitazione dell’inviato napoletano messa a sacco, la rocca degli Orsini sul Monte Giordano data alle fiamme. Virginio Orsini giurò di vendicarsi e disse di voler far portare in giro per la città il capo mozzo di Giuliano infilzato in una lancia.1 La baldanza dei nemici cresceva man mano che venivano a capire quanto debolmente fosse difesa Roma. Roberto Sanseverino e Giovanni della Rovere non avevano ancora milizie di sorta, i Co-lonnesi stavano in Aquila, di modo che in sostanza la città non era difesa che dalle guardie di palazzo e da poca artiglieria e cavalleria.2 In tali strettezze venne accordato il ritorno a tutti i delinquenti mandati a confine onde rafforzare in tal guisa le file dei difensori. Nessuna meraviglia che ormai le ruberie e gli assassinn fossero cosa di tutti i giorni.3 Virginio Orsini conduceva la guerra contro Roma non solo con la spada, ma anche Con la penna. Spacciando libelli infamanti, propugnava la deposizione non solo del Cardinal Giuliano, incolpandolo dei più abominevoli delitti, ma anche quella d’Innocenzo Vili- I Romani venivano eccitati a ribellarsi contro l’indegna dominazione del «marinaro genovese», che poi non era nemmeno vero pontefice. Per costituire un nuovo capo della Chiesa e creare nuovi cardinali l’Orsini offriva il suo braccio e minacciava di far gettare nel Tevere Innocenzo Vili.4 Sebbene i Romani resistessero a questi eccitamenti rivoluzio-narii, la situazione del papa era cattiva assai : nessuna strada che mettesse in città era più sicura; passeggieri e persino ambascia-tori venivano saccheggiati senza pietà.5 La miseria era giunta 1 Infessura 189 s., 192. iSigismondo de' Conti I, 239 s. Cfr. anche Antonio de Vascho 531 s. 2 Questo dice espressamente Sigismondo de' Conti I, 241. 3 Not. di Nantiporto 1097 (Gasp. Pontani, ed. Toni 52 s.). Infessura l»1 Ant. de Vascho 532, 533. * Cfr. Infessura 192-193. ISigismondo de’ Conti I, 241-242. s Sigismondo be’ Conti I, 241. Cfr. Infessura 19tì e Not. di ¡Nantiporto 1099 (Gasp. Pontani, ed. Toni 56) sul saccheggio dato nel I486 all’ambasciatoit di Massimiliano d’Austria dalle soldatesche di Roberto Sanseverino.