I buoni propositi sfumano. 449 Il documento si chiude con la riforma della penitenzieria.1 Dalle minute decisioni si riconosce colui, che per lunghi anni fu vicecancelliere ed era ben consapevole di tutto l’ostile ed eccitato umore che avevano suscitato dappertutto gli inconvenienti esistenti nel grande officio curiale delle spedizioni, che era in viva comunicazione con tutta la cristianità. La bolla, che conteneva queste ottime disposizioni, è rimasta purtroppo un abbozzo. L’opera di riforma venne dapprima tirata per le lunghe, poi dimenticata.2 Col tempo il cordoglio e il pentimento s’erano mitigati, e si vide che Alessandro VI non possedeva più la forza morale per spezzare le catene che lo tenevano schiavo delle sue passioni, per venire ad una rottura completa col suo passato e coi suoi famigliari, condizione indispensabile per una ¡serie riforma. I buoni propositi, che aveva concepito sotto l’impressione di quel terribile colpo, svanivano sempre più.3 Tornarono via via a ridestarsi con forza maggiore le tendenze al nepotismo e il demone della sensualità spense tutti i migliori sentimenti. La fine diventò ora peggiore assai del principio. Quest’uomo di volontà fiacca cadde quindi sempre più in balìa di Cesare.4 Questi il 22 luglio aveva con grande seguito lasciato Roma per recarsi a Napoli in qualità di legato per l’incoronazione. 5 Quivi pretese del denaro ed altri favori con tale insistenza, che rinviato fiorentino così ebbe a scrivere: «Non sarebbe da meravigliarsi se, per liberarsi da tante angherie, il povero Re si gettasse disperato al Turco».6 Cesare tornò sui primi di settem- 1 Gfr. Golleb, Ponitentiarie II 1, 101 ss. ; II 2, 101 ss., 107 ss. 2 Ztjbita V, 120 e Sigismondo ma’ Conti II, 270. Celie», Alex. VI et Vi réf. de l'Eglise 122 ss. 3 Hom.ee, Rodrigo de Borja 83 ; cfr. Die Katastrophe der Borja’s 15 e Aera der Bastardcn 55. 4 Nel febbraio 1498 l'ambasciatore veneziano riferisce : El pontefice fa tutto nè in altro vigila che in dar stato a’ soi fiolì, zoè a questo Valenza e a Don