344 Il commercio schiavistico, esercizio non trascurabile dei mercanti veneziani, accolto volentieri sopra il mercato indigeno, era oggetto di severe censure e aveva sollevato disgusto nei popoli della terraferma. In un ambiente, certamente mal disposto per questo e altri motivi, erano diffuse resipiscenze antiveneziane. Un’abile e occulta propaganda continuava a seminare il discredito a danno dei mercanti nazionali, spesso vettori di questa opera insidiosa. I provvedimenti di polizia erano strumenti insufficienti, quando si trattava non solo di reprimere gesta criminose, ma di prevenire la maturazione di eventi sinistri, con il ricupero della perduta fiducia. Gli sforzi della politica di Pietro IV furono diretti a questo fine: imporre all’interno ferrea disciplina, risuscitare all’esterno miglior confidenza (1). Occorreva distruggere la psicologia di amarezza e di odio, che faceva apprezzare sinistramente le opere e le persone della gente veneta. Il maggior focolare di propaganda antiveneziana pareva avesse trovato ospitalità nei territori del regno italico ; e da esso pare irradiasse una sistematica sobillazione contro il governo ducale (2). Prima dell’ impiego delle armi era forse conveniente purificare gli ambienti dai seminatori di discordie mediante una saggia politica diplomatica. Il duca Pietro riaffermò la vitalità dei vecchi privilegi carolini, egualmente confermati nel dicembre del 967 dal I Ottone (3) ; rivendicò nella sua integrità il diritto metropolitano grádense, ancora una volta offeso dalle ingiuste pretese aqui-leiesi (4). La sinodo romana del 968, auspici papa e imperatore, a (1) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 139. (2) Cfr. il decreto del giugno 960 contro le clandestine corrispondenze epistolari con il regno (Font. rer. austr., Acta et dipi., XII, 17 sgg. n. 13). (3) M. G. H., Constit., 1,32 sgg., n. 14 ; 36 sgg., n. 15 ; Diplomata reg. et imp. I, 478 sgg., D. O. I, n. 330; p. 483 sgg., n. 351. Per le varianti introdotte rispetto alle precedenti conferme cfr. Fakta, Die Verträge cit., p. 76, 104 sgg. ; Cessi, Pacta Carolina, II. Dal pactum cit., p. 25 sgg., 32 sgg., 38 sgg., 67 sgg. (testo). (4) Così si ricava dal diploma di Ottone del 974, che richiama le decisioni della sinodo romana del 2 geimaio 968 (M. G. H., Diplom, reg. et imp., II, 84 sgg., D. O. II, n. 71). Il dibattito fu pacificamente risolto, secondo lo stato di fatto e di diritto attuale, con il riconoscimento dei due patriarcati e delle rispettive giurisdizioni territoriali, in terraferma, compresa l’Istria, per il patriarca aqui-leiese, nelle lagime per quello grádense. Non sembra poi che il patriarca di Grado risollevasse le pretese sopra l’Istria al tempo di papa Silvestro II e di