258 Libro I. Iniiocenzo VÍII. 1484-1492. Capitolo 4. si unì l’ambasciatore del sultano babilonese, si mosse lentamente per l’isola di S. Bartolomeo, Piazza Giudea e Campo di Fiore alla volta del palazzo pontificio, dove al principe vennero assegnati gli appartamenti destinati ad ospiti principeschi.1 Il giorno dopo si tenne un concistoro pubblico, alla fine del quale il papa ricevette il Granturco. Questi entrò nella sala accompagnato da Franceschetto Cibo e dal priore di Alvernia. Non fu osservato il solito cerimoniale, affinchè, ove si fosse risaputo non venisse a scemare presso i Turchi il prestigio del principe. Con un leggero inchino del capo, ponendosi la destra al mento, !o Djem si avanzò verso il papa e ne baciò la spalla destra. Per mezzo di un interprete fece sapere ad Innocenzo Vili, che egli riguardava come una grazia di Dio il poterlo ^aiutare; in un abboccamento privato gli comunicherebbe altre cose, che tornerebbero di vantaggio alla cristianità. Il papa assicurò lo Djem della sua benevolenza, che stesse tranquillo, poiché tutto era stato già disposto convenientemente. Dopo avernelo ringraziato, il Granturco diede per ordine il saluto ai singoli cardinali.2 Una prova della grande impressione, che lo Djem suscitò in Roma, sono Je numerose descrizioni che i contemporanei ci hanno lasciato del suo aspetto esteriore. Una delle più conosciute >in proposito è quella che ne fa il celebre pittore Mantegna in una lettera del 15 giugno 1489 al marchese Francesco Gonzaga di Mantova. « Il fratello del Turco, così egli scrive, abita qui in palazzo sotto buona custodia. Nostro Signore gli permette svaghi di ogn/i ragione, cacce, musiche, conviti e somiglianti. Di tratto in tratto capita a mangiare nel nuovo palazzo, dov’io sto dipingendo, e per un barbaro si conduce molto bene. Il suo portamento è superbamente » Cfr.BtjRoiURDi, Dia ri u in I, |33fis. (Celasi) I. 254 s. e Sigismondo w; Conti I. 335, che furono testimoni oculari. V. inoltre Infessuka 241 s. »■ !n! i recenti Greuorovius VII3, 286ss. e Tui'asne, Djcm-Sultan 227 ss., 422 ss. 1 franche la ‘relazione dell'ambasciatore ferrarese del 14 marzo. Archivio • Stato in Modena, e la relazione di Bartolomeo di Bracciano a Virci'" Orsini del 14 marzo, presso Bovaud. Lettres de Koinè 273 s. 2 Cfr. BubchaKdi, J)iarium I. 341. (Celani) I, 258. che in tutti i punti <"• senziali concorda eon Sigismondo dk’ Conti I. 32<ì. i,a • relazione dell'Ari*'111 del 14 marzo 1487. che da essi allontanasi, non merita certo fede. Cfr. am*1' Perdonati tWì e Thuasne, Djem^Sultan 233s. iG. K Catanei in una ‘lettera ,lJ Roma, 17 marzo 1489, racconta : * « E1 fratello del Turcho hozi desirato longamente e se li prestava orechie li daria aleliuni boni advisi ». chi v io Gonzaga in Mantova. Bartolomeo da Bracciano loc. cit. racconta : Ut lo interprete del Turco dime che- lui venera de nauti ad Su<* “ non per dare obedientia, ma per a ni ¡cititi, et barn la mano al papa, ma no» ' levo mai la beretta a balta del capo; poi venne da eiascli[nn] cardinale et ciò cìascliuno et baso. Facto questo, senne torno in dereto senza assideroc loco ninno, accompagnato pura dal 8. Francesco (Franceschetto Cibo).