226 Libro III. demento VII. 1523-1534. Capitolo 3. fuga come vergognosa e pericolosa. Si risolse come cosa più saggia di intavolare trattative. Il Quiñones, generale dei Minoriti, molto caro all’imperatore, fu incaricato della difficile impresa1 e già ai 12 di dicembre il medesimo partiva per recarsi dal Lannoy.2 Il papa attendeva con ansia indescrivibile ulteriori notizie. Ogni pensiero di fuggire da Roma gli pareva inammissibile perchè sapeva che il cardinale Colonna l’avrebbe condotto davanti ad un concilio o si sarebbe fatto eleggere antipapa. Schònberg e i suoi amici non cessarono di influire sul timido papa col far presenti questi pericoli, mentre che il Carpi, il cardinal Trivulzio, il Giberti e gli altri partigiani della Francia s’adopravano dì e notte nella direzione contraria. Più di tutto toccava il cuore di Clemente la sorte di Firenze, dove erano scoppiate turbolenze e dove la marcia in avanti dei lanzichenecchi aveva già indotto parecchi a fuggire con donne, fanciulli ed averi. Un simile panico si manifestò anche a Roma dopo che il Lannoy ebbe raggiunto il porto di S. Stefano, donde poteva in egual modo dirigersi contro Firenze o Roma. La sera del 29 novembre Lannoy fece di nuovo vela ed il Io dicembre arrivava a Gaeta : le galere della lega, che avrebbero dovuto impedire l’approdo, giunsero due giorni più tardi. Ei sembra realmente (scriveva al Montmorency il segretario deU’ambasciata francese Raince), che tutti i calcoli ragionevoli falliscano e che le cose vadano in un modo, che gli imperiali non potrebbero augurarsi migliore.3 A mezzo di uno speciale nunzio il papa addì 6 dicembre 1526 fece descrivere a Francesco I il pericolo, nel quale si trovava.* Tutti allora, all’inf uori del Giberti, consigliavano il papa ad un accordo cogli imperiali.8 Che anche questo fautore della Francia si preparasse ad ogni peggiore evento, lo si ricava dal suo carteggio. «La fortuna stessa», così scriveva il Giberti addì 7 dicembre al nunzio inglese Gambara, «havendoci spinto addosso tutti i mali che poteva, non ha ormai che aggiungere alle miserie nostre : et parmi, che data già quasi la sententia, che habbiamo a perire, non aspetti altro che i’essecutione, la quale io vedeva l’altro dì essere J. Ofr. in App. n. 107 il * dispaccio di G. de’ Medici del 30 novembre 1526 (Archivio di Stato in Firenze) e * Acla consixt. del vicecancelliere nell’Archivio concistoriale. a Vedi il »* dispaccio di G. de’ Medici del 2 dicembre 1526 neil’A rchivio di (Stato in Firenze.*« Die lunae 3. Decembr. 1526: 'S. D. N. fecit ver-l>um de adventu viceregis in Italiam cum classe Caesaris ». Il papa nello stesso tempo riferì sull'invio del Penaloza, che portò ima lettera di Carlo V, nella quale il medesimo cercava di giustificarsi per gli eccessi dei Colonna. * Acla consist. del vicecancelliere nell’Archivio concistoriale. s Vedi la * relazione di N. Raince ad Anna di Montmorency del 4 dicembre 1526 nella Biblioteca nazionale di Parigi, .1/*. frane. 2984, i. 117. * Cfr. Fbaikin 178 s. s Dispaccio del Landriano del 4 dicembre 1526 (Archivio di Stato in Mila no), in parte presso de Leva II, 404.