2. Attività riformativa ed ecclesiastica di Adriano VI. Atteggiamento di fronte all’eresia luterana e invio di Francesco Chieregati alla dieta di Norimberga. Ancor prima di arrivare in Italia Adriano VI aveva già manifestato colla parola e coll’opera il suo proposito di opporsi con tutta l’energia ai molti e gravi malanni esistenti sul terreno ecclesiastico. I varii consigli e memoriali mandatigli subito dopo la sua elezione mostrano quanto il nuovo papa fosse preceduto dalla < fama di riformatore ecclesiastico e quali speranze in larga cerchia si collocassero sotto questo rispetto in lui. Un certo numero di essi si conserva tuttora: il loro valore come il loro contenuto è molto diverso, ma tutti riconoscono l’esistenza di grandi e gravi mali. Prolissa oltre misura e fortemente rettorica è VApocalissi del canonico Cornelio Aurelio di Gouda. In forma di dialogo questa rara opera espone francamente la vita scandalosa degli ecclesiastici, specialmente dei cardinali, gli abusi regnanti a Roma, in particolare alla Rota, ed esprime la ferma speranza, che la riforma, il ritorno delle cose allo stato apostolico, partirà da Adriano, il più giusto degli uomini, ultore dei delitti, luce del mondo, martello dei tiranni, prete dell’Altissimo. Con calde parole l’autore raccomanda siccome mezzo principale per stabilire la disciplina la convocazione d’un concilio ecumenico, per il quale Adriano si sarebbe già dichiarato quand’era professore a Lovanio.1 Si mette su consimile punto di vista il memoriale del famoso umanista Giovanni Luigi Vives, che, nato in Ispagna, era quasi diventato neerlandese per lunga dimora a Lovanio e a Bruges ed era amico di Adriano VI. Di sentimenti sinceramente ecclesiastici, il Vives, che si distingueva come scrittore di cose pedagogiche e colitico-sociali, non era cieco davanti ai difetti del clero.2 Nel suo 1 Apocalypsis et visto mirabilia super miserabili stata matris ecclesiae etc. appo Btxrmaxjì 250-316. 2 Sul Vives cfr. Namèche in ilém. couron. p. VAcad. roy. XV, Bruxelles