408 sinodo. Chi non aveva da temer censure, il patriarca Orso, aderì senza esitare ; l’altro, Poppone, tormentato dal dubbio della propria colpa, ormai manifesta, indispettito per l’insuccesso, che incontrava, accolse con visibile disappunto l’invito. Prima tentò cavillare sopra la recente bolla, con bonarietà rilasciatagli da papa Giovanni, poi, convinto di menzogna (la parola è dura, ma è pronunciata con franchezza dallo stesso pontefice), sdegnoso rifiutò di sottomettersi. Egli stette a spiare le operazioni della curia per il tramite di un osservatore, che, scoperto, in tutta fretta si eclissò. La sinodo romana, all’uopo convocata nel dicembre del 1024 (1), ascoltò i lamenti del patriarca Orso, prese visione della lunga serie di bolle consacranti il diritto gradense, rifece e vagliò con severa e spregiudicata esattezza la storia degli ultimi casi, e infine approvò in forma non dubbia la prerogativa metropolitana del patriarcato di Grado, con tutti i privilegi a essa inerenti. Implicitamente dannava l’iniziativa popponiana, che tanto aveva ferito l’integrità politica del ducato veneziano. Papa Giovanni ratificò la decisione e la promulgò con successiva bolla. Integrò poi la sentenza sinodale, rimettendo il patriarca Orso nell’ esercizio delle sue funzioni giurisdizionali e nel pieno uso di tutti i diritti patrimoniali spettanti alla sua chiesa, entro e fuori del ducato, nella laguna, in Istria, nell’ ambito tutto del regno Italico. Al soccombente, sotto vincolo di giuramento, fu imposto di restituire il compendio delle rapine (2). 3. — Questi atti solenni concludevano un ciclo della travagliata crisi, che lacerava la vita veneziana. Ma non la risolsero. La bufera esterna, scatenata fuor di tempo, aveva fatto tacere le animosità (1) Mansi, Sacrosancta concilia cit., XIX, 493. (2) Mansi, Sacrosancta concilia cit., XIX, 492 sgg. Ma era stato intanto ripreso da parte veneziana più intenso lavoro di falsificazione da opporre alla violenza avversaria. Le pretese aquileiesi avevano fatto risorgere sopite aspirazioni gradensi, istigando nuovamente il proposito di rivendicare la giurisdizione istriana. Sebbene questo appaia qualche anno più tardi, tuttavia trova presupposto negli avvenimenti popponiani ed è naturale svolgimento della falsa lettera pelagiana, proposta per la prima volta alla sinodo del 1024, allo scopo di difendere il diritto metropolitano di Grado (metropoli« totius Venetiae). Cfr. Cessi, Nova Aquileia cit., p. 570 sgg.