Ricevimento a Bologna di Carlo V (5 novembre 1529). :ì55 Augusto, Tito e Traiano, finalmente le statue equestri di Camillo e Scipione Africano. Oltremodo splendide erano anche questa volta le false architettute : gli archi d' trionfo eseguiti in stile dorico erano con somma ricchezza decorati di figure a stucchi e pitture, in prevalenza chiaroscuri. Oltre a bolognesi erano stati chiamati a questi lavori anche pittori forestieri, come Giorgio Vasari e uno scolaro fiammingo di Raffaello. Alle 3 del pomeriggio la testa del corteo imperiale giunse a Porta S. Felice: dapprima lancieri a cavallo, poi l’artiglieria, 2:00 lanzichenecchi, la cavalleria, indi molti soldati a piedi seguendo a cavallo molti principi e cavalieri in magnifiche armature. Dinanzi all’imperatore, a cui il Cardinal Campegio tornato poco prima dall’Inghilterra diede come vescovo della città il saluto alla porta, venivano portati lo stendardo imperiale coll’aquila bicipite, la bandiera di S. Giorgio e una spada sguainata. Circondato da grandi di Spagna sfarzosamente vestiti, Carlo avanzava su un bianco cavallo in armatura rifulgente d’oro tenendo nella destra lo scettro: senatori e nobili bolognesi portavano il baldacchino. Venivano dopo l’imperatore il conte di Nassau, Alessandro de’ Medici, il marchese di Monferrato, Andrea Doria, il cancelliere cardinale Mercurino di Gattinara e il cardinale Cles, Giorgio III vescovo di Bressanone, Antonio Perrenot vescovo di Arras, Garcia de Loaysa confessore dell’imperatore, e numerosi dignitarii sì ecclesiastici che laici; la retroguardia era costituita da truppe spagnole. Nel mentre che i tesorieri gettavano monete e medaglie fra la folla pigiata e vociante Cesare, Imperio, il pomposo corteo moveva lentamente alla volta della chiesa di S. Petronio, dinanzi aìla quale era stata eretta una tribuna riccamente ornata: ivi il papa, vestito in pieno paludamento pontificale, colla tiara in capo, circondato da 25 cardinali, attendeva l’imperatore, al cui approssimarsi rullarono i tamburi, suonarono tutte le campane e spararonsi i cannoni. Due membri del sacro Collegio accompagnarono Carlo alla tribuna, dove egli prostrandosi baciò piede, mano e volto del pontefice. Così si videro per la prima volta i due uomini, che tanto a lungo e acerbamente s’erano combattuti fino a che interessi comuni non li misero insieme. Carlo salutò il papa con poche parole in spagnolo, alle quali Clemente cispose amichevolmente. Da ultimo il papa condusse l’imperatore «Ha chiesa e prese congedo. A S. Petronio venne cantato un Te Deum. Erano le 6 di sera quando l’imperatore lasciò la chiesa recandosi al palazzo pubblico, dove era preparata anche per lui l’abitazione.1 Le sue stanze erano contigue a quelle del papa: una 1 Circa la decorazione di Bologna e l’ingresso dell'imperatore vedi Gior-1UNI 12 ss., ove è fatto uso della rara scrittura lì superbo apparato fatto in