216 Libro III. Clemente VII. 1523-1534. Capitolo 3. che i Romani stettero ad osservare l’invasione delle soldatesche tranquilli come davanti ad uno spettacolo. E diportaronsi così inetti anche quando verso mezzodì le bande selvagge si misero di nuovo in moto e penetrarono più dentro nella città al grido di Impero, Colonna, libertà.1 Esse si impadronirono del ponte Sisto, attraversarono di corsa la Lungara, espugnarono la Porta di S. Spirito valorosamente difesa da Stefano Colonna, che era al servizio del papa, e si riversarono saccheggiando nel quartiere Vaticano. Il pontefice, che da prima intendeva d’attendere i nemici sul suo trono come Bonifacio Vili, al mezzodì si era lasciato indurre dalle rimostranze del suo seguito a rifugiarsi per il passaggio coperto in Castel S. Angelo. I pochi Svizzeri, che erano rimasti nel Vaticano, non osarono alcuna seria resistenza e tosto ,si videro le bande sfrenate saccheggiare e devastare il Vaticano, la chiesa di S. Pietro e una gran parte di Borgo non trattenendosi da veruna infamia e sacrilegio. Reliquie, croci, vasi e paramenti sacri furono rubati e persino l’altare di S. Pietro fu spogliato degli oggetti preziosi e profanato. Si videro dei soldati ornarsi delle bianche vesti e del cappello rosso del papa ed impartire per iseherno la solita benedizione solenne.2 Un’infamia tale, leggesii in un diario d’un tedesco allora residente a Roma, non s’è udita da secoli ed è oggetto di vergogna per tutti i cristiani.3 Un veneziano ricorda le profezie, secondo le quali l’altare di iS. Pietro sarebbe stato derubato e paragona il furore dei mercenarii colonnesii a quello dei Turchi.4 sumerent arma, et renuerunt sumere arma, quia Colonenses venerant ad eos magnis persuasipnibus, quoti venissent ad urbis liberationem, quia multum angariebantur a s. pontífice quotidianis Insuetis exactionibus, et ideo Romani potius gavisi sunt quam contristati in tali praedatione et vilipendio s. pontificia ». * Diario di Cornelio de Fine nella Biblioteca Nazionale di l'a r i g i. » F. Gonzaga nel suo * dispaccio del 20 settembre 1526 afferma : * « In Roma non è stato fatto pur un minimo disordine [presso Gregorovius IV, 743, n. 21] alcuno et questi Signori dicono non volere che si faccia dispiacere a persone della città, e gridasi Imperio, Colonna e libertà ». Archivio Gonzaga in Mantov a. 2 * « Et chi se montato in una mula adidosso con le veste di raso bianco del papa et la sua berettina rossa foderata di ermellini et va dicendo la benedizione gridando a Fiorenza, a Fiorenza ». Bandini nella suindicata * lettera della Biblioteca Chigi in Roma. a * « Res a saeculo inaudita, stupenda, inopinata, numquam ab aliquo premeditata res et non considerata in dedecus s. pontificis et sedis apostolicae et totius religionis christianae... Et illi nebulones non veriti sunt induere indù-menta s. pontificis in derisum illius. Illi qui conducebant tormenta curulia erant induti purpuréis vestibus s. pontificis, alii dabant benedictionem habentes pi-leurn s. pontificis in capite in contemptum eiusdem, res a saeculo non audita, nefanda et omnibus christianis verecunda ». * Diario di ■Cornelio de Fine nella Biblioteca 'Nazionale di Parigi. * Cfr. le relazioni presso Sanuto XIJI, 690, 097, 700-702, 723 s., 725, 727 s.