558 Libro III. Clemente VII. 1523-1534. Capitolo 15 a. famigliari in conformità colla divisa da lui allora scelta: è tempo che il giudizio cominci dalla mia casa.1 Nella sua nuova posizione Carafa ebbe più volte a combattere contro intrusioni degli ufficiali spagnoli nella giurisdizione ecclesiastica, ma nessuno impedimento spaventava quest’uomo ferreo dell’azione. Con tutti i mezzi, specialmente con visite, in un duro lavoro di cinque anni egli cercò di migliorare le condizioni della sua diocesi e fu sì zelante che non intervenne neanche alle prime quattro sessioni del concilio Lateranense. Ordinata che fu in certo qual modo la sua diocesi, al principio del 1513 Carafa andò a Roma, dove, eletto nella commissione conciliare per stabilire la pace e togliere lo seismo, ben presto richiamò su di sè l’attenzione di Leone X, che alla fine del 1513 lo mandava legato presso Enrico VIII. Nel suo soggiorno in Inghilterra Carafa imparò a conoscere anche Erasmo, che spronò a curare un’edizione delle opere di san Girolamo. In una lettera Erasmo celebrò le magnifiche qualità del Carafa, la sua dignitosa condotta, la sua eloquenza e cognizioni in latino, greco, ebraico e teologia.2 Nel 1515 Leone X mandò l’uomo cotanto celebrato nunzio in Spagna. Viaggiando a quella volta, Carafa alla corte di Margherita d’Austria in Fiandra strinse amicizia col domenicano Juan Alvarez de Toledo zelante della riforma. Da principio il rappresentante del papa trovò la migliore accoglienza presso Ferdinando il cattolico, che lo mandò consigliere e vice cappellano maggiore. Il Carafa si diede cura d’utilizzare la sua influenza col sostenere la causa degli Aragonesi, l’indipendenza della patria sua, ma tutti i suoi tentativi per indurre Ferdinando alla rinunzia di Napoli fecero naufragio : vanamente egli parlò alla coscienza del re morente accennando al tradimento di Federico di Napoli e figliuoli. Questo atteggiamento ebbe un contraccolpo anche sulle relazioni del nunzio col nuovo re Carlo. Sebbene nell’insurrezione delle città egli lavorasse a favore del re, la corte tuttavia nutriva sentimenti ostili al Carafa. Lo si sospettò di rivelare al papa i segreti del consiglio ed anzi un membro di questo lo insultò dicendogli : pei Napolitani pane e bastone.8 Allorquando nella nomina di un nuovo cappellano maggiore si passò sul Carafa, questi chiese il congedo. Carlo V cercò di placarlo dandogli l’arcivescovado di Brindisi, ma Carafa lasciò la corte con animo amaro. Da allora radicaronsi nello spirito suo diffidenza e profonda avversione al signore ispano-habs-burghese. 1 Ofr. I Petr. IV, 17. 2 Bromato I, 63 s. Poiché allora Erasmo non poteva molto aspettarsi dal Carafa, i suoi elogi sono leali : vedi Gothein', Ignatius 171. L’A r c b i v i o vescovile di Ohieti, per quanto è ordinato, purtroppo nulla contiene sul Carafa. 3 Ofr. Bromato I, 74.