186 Libro III. Clemente VII. 1523-1534. Capitolo 2. A Roma, a Venezia, anzi in ogni dove della penisola apenni-nica, avevasi l’uguale sentimento che l’imperatore si unirebbe col suo prigione a spese dell’Italia e che allora tramonterebbe del tutto la libertà della patria. Parve giunto il momento decisivo di osare l’estremo e di scuotere il pesante giogo di quelli, che venivano chiamati barbari. Indubbiamente nel campo della letteratura e dell’arte gli Italiani d’allora potevano a ragione considerarsi superiori agli Spagnoli, anzi a tutte le altre nazioni d’Europa. Questo sentimento di sè diede potente alimento al risorgere dell’idea nazionale. Tutta l’Italia, scriveva Antonio de Leyva, il fedele maresciallo dell’imperatore, è concorde a unirsi per la tutela della sicurezza generale e per la difesa contro ogni ulteriore ingrandimento del potere della Spagna. Non un solo principe pensa più al favore ricevuto da Carlo.1 Anche per altri riguardi la situazione spostavasi sempre più a danno dell’imperatore. In Francia dopo la rotta di Pavia parve da prima che tutto il reame dovesse cadere a pezzi. Ma poi le cose cambiarono del tutto. Fu la reggente Luisa di Savoia, la madre del re, che tenne unita e guidò la nazione. Essa abbonì i magnati e i capitani in parte malcontenti, unì i partiti, organizzò la difesa nazionale, svolse dappertutto un’attività altrettanto energica quanto avveduta. Fu lei pure quella che alienò dall’imperatore Enrico Vili, invidioso della fortuna di Carlo e sulla fine d’agosto strinse un trattato di pace e d’alleanza tra la Francia e l’Inghilterra.2 Già qualche tempo prima che ciò avvenisse, la reggente era entrata in relazione anche cogli Stati italiani. Innanzi tutto premeva di cattivarsene i due più potenti, il papa e Venezia. A questo fine Luisa di Savoia si valse d’un uomo, che sebbene italiano di nascita, era fra i più ardenti partigiani del re di Francia. Questi era il vescovo di Bayeux, Lodovico di Canossa- Egli era in stretta amicizia col Giberti e godeva una grande stima anche a Venezia. Sulla fine del 1524 e nella primavera dell’anno seguente il Canossa lavorò personalmente a Roma e già credeva d’avere conquistato interamente il timoroso pontefice.3 Ai primi di giugno 1525 il Canossa dichiarò di dover visitare la sua famiglia a Verona, ma in realtà mosse in fretta alla volta di Venezia, dove giunse il 15 giugno. 4 II 23 di detto mese arrivava in questa città l’ambasciatore di 1 Cfr. Guicciardini XVI, A; Baumqarten, Karl V. II, 427-428; Villa, Italia 68 ss. ; Professione, Dalia battaglila di Pavia 26. 2 La notizia di ciò giunse a Roma il 25 settembre 1525 ; v. il * dispaccio di G. de’ Medici di questo giorno all’Archivio di Stato in Firenze. » Cfr. Lett. d. prina li, 76. Sulla data del viaggio del Canossa a Roma v. la rara monografia dell'Orti Manara, Canossa, 37. * A rettificazione dei dati di Grethen 73 e Jacqueton 203 sul viaggio del Canossa rimando alle seguenti **lettere dello stesso a F. Robertet : 1° in data di