Importanza dell'elezione di Adriano VI. 31 Era compiuto il voto ardente del mondo cristiano, espresso tante volte dai migliori, d’avere un papa pio, dotto e santo. L’uso diventato ferma consuetudine dal 1378, di fregiare della tiara solamente degli Italiani, era interrotto — un Collegio cardinalizio quasi completamente italiano aveva, senza volerlo, per la prima volta dopo 461 anno, riaperta a un uomo d’origine tedesca la strada alla suprema dignità, della quale egli era degno come nessun altro. Sprofondati nel vortice della vita mondana e impigliati in affari politici i papi del rinascimento, Leone X non per l’ultimo, avevano perduto troppo spesso di vista la cosa più importante, le missioni specificamente ecclesiastiche. Ora era chiamato sulla cattedra di Pietro uno totalmente fuori della politica italiana, il quale nulla più aveva a cuore che la difesa della cristianità e lo stabilimento della decaduta disciplina ecclesiastica. Un uomo semplice, di profonda pietà e umile, che più che cercato aveva fuggito sempre dignità e onori, da studente mal fornito di mezzi era salito a professore d’università, a educatore dell’imperatore, a vescovo spagnolo, a grande inquisitore, a luogotenente imperiale e ora a pastore supremo di tutta la Chiesa. Al primo arrivo della notizia della sua elezione a pontefice, Adriano aveva addimostrato quella imperturbabile calma, che forma una delle qualità più spiccate del suo carattere e si innesta nella sua origine neerlandese e nella sua profonda pietà. Tutte le notizie s’accordano nel dire che la sua elevazione, lungi dall’allie-tarlo, piuttosto lo turbò. Quantunque non si siano conservate tutte le dichiarazioni scritte da lui in quei giorni così decisivi, pure quelle che ci sono note bastano per sapere ciò che teneva in moto l’anima sua. Non ho agognato, nè desiderato l’elezione, così egli il 2 febbraio 1522 ad Enrico Vili; le mie forze non bastano e rifiuterei la tiara se non temessi di offendere Dio e la Chiesa.1 In simil modo in una lettera all’imperatore egli diceva che in vista delle sue deboli forze non godeva della propria esaltazione, abbisognando di quiete e non d’un peso così insopportabile-2 Ferma gravità addimostrò Adriano anche quando nella qualità di nunzio del Sacro Collegio Antonio de Studillo ai 9 di febbraio gli portò la notizia ufficiale della sua elezione. Egli lesse la lettera ‘ Breweb III 2, n. 2018. Similmente al Wolsey (ibid. 2010). Queste lettere integralmente presso Gachard, Correnp. 254 ss. 2 Presso Gachard, Correnp. 26 ss. la lettera porta la data dell’ll febbraio ma probabilmente va letto li Febr.; v. il Theol. Literaturblatt di Bonn 1874, 56. Nel Cod. Iiorb. Int. 2108 (Biblioteca Vaticana), che contiene una copia fatta nel secolo XVII a Madrid sugli originali madrileni della stessa lettera, che Gachard pubblicò da un codice della civica di Amburgo parimenti risaliente agli originali madrileni, le date sono disgraziatamente scritte parte In cifre arabe, parte in romane, cosi che per la presente questione non pud prodursi una prova sicura.