Breve del 23 giugno 1526 a Carlo V. 205 questi s’era già dichiarato apertamente contro l’imperatore. Ciò avvenne con un breve del 23 giugno 1526.1 In esso il papa esponeva minutamente le relazioni, che dopo la sua elezione a papa erano corse fra lui e Carlo. Nel mentre che cercava di giustificare la sua propria politica, egli sottoponeva la condotta dell’imperatore ad una critica severa, che più volte oltrepassava la giusta misura. Fin dal principio la pace generale nella cristianità e specialmente una relazione amichevole con Carlo essere stato lo scopo dei suoi onesti sforzi, ma, poiché invece di essere corrisposto, non aveva ricevuto dall’imperatore che dei torti e Carlo, o stimolato dai suoi consiglieri o per proprio genio e cupidigia, mirava a impiccolire ed opprimere l’Italia e la Sede apostolica, finalmente egli, il papa, dopo avere così a lungo indugiato e che le cose erano giunte agli estremi, essersi deciso per una guerra difensiva. E qui a fondamento di queste affermazioni Clemente adduce una serie di fatti. Come essendo cardinale era stato fedele all’imperatore e non aveva paventato per lui alcun sacrifizio, così anche dopo la sua elevazione alla sede pontificia, benché obbligato pel suo officio pastorale a stretta neutralità, aveva egli sostenuto con tutte le forze gl’interessi imperiali in Italia, per quanto ciò fosse compatibile colla sua qualità di padre universale e cogli interessi della Chiesa. Essere stato costretto al trattato con Francesco dalla sua condizione forzata e dalle pressioni di molti : essergli anche stati messi in prospettiva per l’accesso a quest’alleanza i più grandi compensi. Quando poi colla vittoria di Carlo pareva terminata ogni contesa, aver egli stretto subito una lega con lui perchè da questa si riprometteva la più grande benedizione per l’Italia e tutta la cristianità, ed avere pagato 100000 ducati per l’esercito imperiale sotto la clausola della restituzione nel caso che il trattato trovasse in qualsiasi modo difficoltà. Benché questo non sia stato del tutto ratificato, ed il papa sia stato per tal guisa abbandonato dall’imperatore, aver egli tuttavia appena avutane notizia informato subito ed ammonito l’imperatore dei raggiri segreti del Pescara, e con ciò 1 II testo di questo breve eomineiante : Xos opus esse eredimus, fu pubblicato da prima dallo stesso ¡Ciarlo V nei Vibri apologetici duo 9-17, donde poscia ristampato presso Le Pi-at II, 240-246. Si trova anche in Misceli, ex Ms. Colleg. Romani, Romae 1754, 475 ss., e in ìSadoleti Epist, IV, Iiomae 1759, 161 ss. Molti sostennero che l’abbozzo originale sia stato ancora più acre ; vedi Sgrassi II, 90. Balan, Mon, saec. XVI. 36t371 dà ancora il breve da Arm. 63. »'■ 88 dell’Archivio segreto pontificio, ma affatto scorrettamente (v. HUt.-polit. HI. XCV, 927 ed Euses, Condì. IV, xxxv, nota 3). Non è autentica la redazione che comunicano Raynai.d 1526, n. 11 s. secondo il Sabel-lico e Laxz I, 222-223 (qui il testo si scosta nei particolari, la supposta data «ottobre 1526» è falsa) su di un manoscritto della biblioteca di Bruxelles. 'apocrifo il breve Quam multa et magna ecc. in data Romae A* 1525, edito in Fasdcul. rer. expetend. II, Londra 1690, 683.