510 Libro III. Clemente VII. 1523-1534. Capitolo 13 a. Difficilmente esiste a Roma un altro luogo, che susciti serii pensieri più dei sepolcri dei due papi medicei, i quali, pur con tanta diversità d’indole e di eventi, sono stati egualmente fatali alla Cl.iesa. * * * Clemente VII è stato detto il più infelice tra i papi.1 Questo giudizio è giusto non solo quanto al suo governo, ma anche per la sua memoria. Fu sorprendente la rapidità con cui egli venne dimenticato in Roma,2 dove si ricordarono soltanto le disgrazie del suo governo colle sue calamità finanziarie e gravi tasse3 e più non si rammentarono le provvide misure prese dal defunto per approvvigionare la città.4 1 R anice, Papste 1°, 82. Cfr. 11 giudizio del Guicciardini in Arch. star, ital. 5“ serie V, 31. n. 1. Vedi anche Mathieu, Pouvoir temp. dcs Pape*, Paris 1863, 496. 2 Vedi Rossi, Guicciardini II, 70. Cfr. la * lettera di F. Peregrino del 26 settembre 1534, neU’Archivio Gonzaga in Mantova. * Fin dal principio Clemente VII, le cui entrate Foscari nel 1526 calcola in 499000 ducati contro un’uscita di 412250 ducati (Axbèri 2* serie III, 139> ebbe a soffrire delle conseguenze della finanza spendereccia di leeone X (vedi loc. cit. 269) e del manco dei denari che prima venivano dalla Germania (cfr. in proposito Sanuto LIII, 16). 11 fatto più grave nel rispetto finanziario sotto di lui fu il duplicarsi del debito di Stato aggiungendosi agli offici vacabili, che finivano colla morte dell’investito, i monti non vacabili o semplicemente monti. Si cominciò a procacciare denaro col mezzo dei prestiti consolidati (monti) nel 1526 creando il monte della fede con un capitale di 200000 ducati e 2000 luoghi (azioni) con un’imposta del 10 % assegnata sulla dogana (cfr. Coppi, Discorso s. finanze d. Stato pontifìcio dal sec. XVI al XIX, Roma 1855, 3 e Rankk, Papste I8, 266 s.) e gii\ nel 1526 s’aggiungeva il monte di sale ed oro (284800 ducati e 8 % di censo). Questi prestiti furono ben lungi dal bastare nel 1527 a pagare all'esercito imperiale l’enorme prezzo di riscatto ; si dovette quindi contrarre un terzo prestito, il monte del macinato (290000 ducati), con cui il nuovo debito dello Stato salì a 774800 ducati (Coppi loc. cit. 3-4). Il Sacco, l’impresa contro Firenze, che sarebbe costata due milioni, e la guerra turca condussero a nuove, pesanti imposte ed alla vendita di beni ecclesiastici e legazioni (vedi Reumont III 2, 285 s. ; cfr. A demollo in Rivista Europea 1877 II, 421). Ebbero gran parte nell'avversione a demente VII in Roma (cfr. il * Diarium di Cornelio de Fine alla Nazionale di Parigi giù sotto l’anno 1526 e Jo-vius Columna 157) come altrove (cfr. Tizio. * Hìst. Senen. in Cod. G. II 39 f. 366 della Biblioteca Chigi in Roma) le imposizioni di tasse. In molti luoghi anche il clero italiano oppose la più forte resistenza alle decime papali : vedi Bancellotti IV, 310 s., 325 s., 332 s., 370 s. * Da politica granaria di Clemente viene universalmente lodata siccome altamente assennata; cfr. Benigni, GetreidepoUtik der Papste 25, 32s., 132; Reumont III 2, 2S9 s. ; Naudé in Jahrb. des deutschcn Reiches di ¡Schmoller 1899, N. F. XXIII, 3, 10. La celebre Bulla de agricultura in dtetrietu urbis del 23 feb- braio 1524 (in Bull. VI, 56-62 con data falsa; secondo * Regest. Vatic. !H5r t. 269-277 bisogna leggere IV Cai. Marti*), sulla quale si cfr. anche Tripep*