8 Libro II. Adriano VI. 1522—1523. Capitolo 1. cembre 1521 si dice che otterrà la tiara questo cardinale o chi egli vorrà.1 Dopo il Medici si considerarono di buona aspettativa avanti tutto le candidature di Grimani e Farnese,2 da alcuni anche quelle dei cardinali Gonzaga e Piccolomini.3 Colla coscienza altamente sviluppata, che gli Italiani avevano della loro nazionalità e della loro cultura, consideravasi impossibile a priori l’elevazione di Wolsey o di qualunque altro cardinale straniero. La forte tendenza che posseggono gli Italiani alla satira, è sviluppata in modo speciale nei Romani, il cui linguaggio è straordinariamente ricco di espressioni derisorie e mordaci. Il tempo della vacanza pontifìcia fu ognora diligentemente sfruttato da essi in satire sugli elettori come sui candidati alla suprema dignità. La mala usanza prese questa volta una ampiezza quale mai prima. Come i funghi dopo la pioggia, così pullularono satire e pasquinate, nelle quali vennero assaliti in modo inaudito dapprima il pontefice defunto e i suoi aderenti, poi gli elettori senza eccezione alcuna. Solo ora la statua del Pasquino prese veramente il suo carattere di centro di tutte le invettive e motteggi.4 La quantità delle satire in prosa e in versi e in varie lingue, come pure la libertà di linguaggio, che regnava a Roma, suscitò meraviglia negli inviati stranieri.5 Per non pochi cardinali v’erano fatti che giustificavano li si flagellasse senza misericordia : a molti però vennero anche appioppati dei peccati e dei vizi solo per motteggiare e dileggiare. Il maestro di questa lussureggiante letteratura diffamatoria fu Pietro Aretino, che senza riguardo approfittò delle favorevoli circostanze a proprio vantaggio. Le sue patire sono scintillanti di spirito e arguzia : quanto a originalità e sarcasmo pungente nessuno gli sta al pari, ma si tratta del linguaggio abietto d’una canaglia piena di malignità diabolica.6 Una parte soltanto delle allusioni è intelligibile ai tardi lettori di questi lavori satirici mentre i contemporanei sapevano molto bene a chi mirasse ognuno degli strali intinti nel veleno. Per questa via venne fin dal principio moralmente rovinato agli occhi del popolo ogni cardinale di cui spuntò la candidatura e poiché molte di queste pasquinate giunsero anche all’estero, allora, come rileva il Giovio, si diede una ferita mortale alla autorità del sacro Collegio.7 1 Santjto XXXII, 262; cfr. 275. 2 Ibid. 260, 284. » Cfr. * lettera di B. Castiglione del 24 dicembre 1521 (Archivio Gonzaga in Mantova); inoltre iSerassi I, 5 e Krafft, Briefe 31. * V. Pasquinate di P. Abetino ed anonime per il conclave e l’elezione di Adriano VI pubi, e ili. da V. Rossi, Palermo 1891. iCfr. anche Oiorn. d. lett.< ital. XIX, 80 ss. ; XXVIII, 78 ss., 470. « Cfr. lettera di Clerk a Wolsey appo Bkeweb III 2, n. 1895. « Giudizio del Flamini 224. 7 Jovitjs, Vita Adriani VI. >