146 Libro II. Adriano VI. 1522-152/3. Capitolo 3 6. del suo officio, per gli Italiani d’allora fu un fenomeno d’un altro mondo, che rimase loro inintelligibile. L’apprezzamento giusto e profondo di Adriano fu reso straordinariamente difficile dal fatto che il suo segretario Heeze portò via da Roma i documenti più importanti riferentisi al suo governo, cioè la corrispondenza coi principi e nunzi, sottraendo così all’in dagine scientifica fonti di somma importanza.1 Così potè avvenire che persino il Pallavicini, attenendosi al concetto generale degli Italiani, desse il giudizio che Adriano fu un eccellente prete, vescovo e cardinale, ma un papa mediocre.2 Un giudizio equo su Adriano VI era stato pronunciato fin dal 1536 da un compatriotta e contemporaneo suo, Gerardo Moring, in una biografia che però ebbe poca diffusione. Poco successo si ebbe pure quando a favore della memoria del nobile pontefice uscirono in campo in Italia storici imparziali come Panvinio, Raynald, Mansi e Muratori. In Germania continuarono a lungo ad avere effetto gli schemi di Lutero e non riuscirono a penetrare3 giudizi cattolici come quello di Chiliano Leib, che il tempo non era degno del papa.4 La spinta ad un cambiamento fu data soltanto allorché nel 1727 il giurista Gasparo Burmann di Utrecht pubblicò una rac- 1 Invano nel 1575 Gregorio XIII cercò di avere queste importanti scri-pturae ; cfr. Theiner, Annal. Eccl. II, 130 ; de Ram in Bullett. de la commiss, royale d’hist. 2a serie XI, 59 s. e Bacha in Oomptes rendus de la commiss, (l’hist. 1890, 125 SI Non può tuttavia trattarsi di tutte le scripturae d’Adriano VI perché, come prova v. Domartjs nel suo pregevole articolo, molto spesso da noi citato, in Hi st. Jahrbuch XVI, 75 s., nell’A rchivio segreto pontificio esistono d’Adriano VI molti volumi di registri, camerali e di suppliche, cui vanno aggiunti il volume delle supliche della Vaticana ( Cod. Vatic. 8655 e alcuni volumi nell’Archivio di Stato in Roma, nonché il volume 8 dei Regest, brev. Lateran, entrato all’Archivio Vaticano dopo la pubblicazione dell’articolo di v. Domabus. Malgrado questo ragguardevole effettivo di manoscritti Pieper (Eist. Jahrb. XVI, 777 s.) mantiene con pieno diritto l’affermazione di Gregorio XIII, che Heeze abbia portato con sè a Liegi le scripturae omnes d'Adriano, perchè con tal nome non si intendeva che la corrispondenza estera del papa. Questa abbracciava principalmente le lettere dei principi e nunzi e i brevi propriamente detti, quindi per l’appunto le fonti più importanti, giacché i regesti vaticani superstiti sono « tutt’al più importanti per gli indagatori di storia locale», come mi comunicava addì 20 gennaio 1900 11 v. Domaiujs, che li ha studiati intieramente riguardo alle cose tedesche. Io non posso che confermare questo giudizio. Data l’importanza del documenti portati via dal Heeze, io nell’autunno del 1896 intrapresi un viaggio speciale in Belgio ed Olanda allo scopo di ritrovarli, ma tutte le mie fatiche per rinvenire le preziose carte furono infruttuose. 2 Paixavicini II, 9. Contro questo giudizio sollevò tosto eccezione J. I-anno* (vedi Burmann 360 s.) : esso infatti è del tutto non appropriato, come rileva anche Hefele-Bergenröther IX, 326. s Ofr. l’ingiusto giudizio di Spittler, Werke IX, 270. 4 Aretin, Beiträge IX, 1030; cfr. anche la cronaca in Archiv für ältere deutsche Geschichte N. F. VII, 182.