582 Libro III. Clemente VII. 1523-1534. Capitolo 15 c. La calamità del momento — e questo fu di grande importanza per la penetrazione della riforma cattolica — fece la parte sua per rafforzare questa corrente. I tre cavalieri dell ’Apocalisse, guerra, fame e morte, che alla fine del secolo XVI il Diirer aveva disegnati come una profezia di ciò che doveva venire, compirono il loro terribile viaggio in Italia. La furia della guerra percorse come un poderoso uragano il paese annientando case e campi, rapendo uomini. Da ultimo il giardino d’Europa era tramutato in un campo di battaglia seminato di cadaveri, che presto diventò un focolare di peste. Gli spaventosi casi, gli inauditi patimenti gettarono l’anima popolare in una potente eccitazione, che veniva continuamente aumentata da eremiti profetanti. Produsse in ispecie un’impressione oltre modo profonda quel terribile avvenimento, che cacciò da Roma e trasportò nell’alta Italia in nuovi fecondi campi d’attività i più importanti membri dell’Oratorio del divino Amore, il Sacco di Roma. L’effetto morale di questa catastrofe fu più grande ancora del danno materiale. In tutta Italia, ma anche negli altri paesi d’Europa, risuonò il lamento per la ruina della città, la quale per secoli aveva esercitato un incomparabile fascino sugli animi umani. Inaudite atrocità, omicidii, stupri, latrocinii, saccheggi, incendii e i più gravi sacrilegi avevano provato l’eterna Roma e ridotto a una solitudine pestifera il teatro della vita più splendida, il centro del rinascimento letterario e artistico, la sede del supremo governo della Chiesa. Come già al tempo di san Girolamo, così anche ora molti scrittori lamentarono in prosa e in versi la ruina della magnifica Roma. Non la città, così Erasmo in una lettera al Sadoleto, ma il mondo è andato in ruina.1 In queste parole è l’umanista che parla. In realtà il Sacco segna la fine del rinascimento, la fine della Roma di Giulio II e di Leone X. Un mondo era tramontato e doveva sorgerne un altro. La catastrofe, che pose un termine improvviso all’alleanza che non poteva durare del papato col rinascimento pendente verso il lato pagano, iniziò la grande resipiscenza susseguita del mondo e preparò le vie alla riforma cattolica. Lo spaventoso caso doveva diventare un’importante pietra migliare non soltanto sotto l’aspetto letterario e artistico, ma anche sotto il religioso. Universalmente, presso i Tedeschi eretici come presso gli Spagnoli rigidi credenti ed i leggeri Italiani, si vide nel terribile Sacco dii Roma un giusto castigo del cielo sulla capitale della cristianità sprofondata nei vizi, una spaventevole espiazione per il malo esempio dato al mondo nel periodo del rinascimento da molti prelati i Opera, epist. 988.