Malumori contro Adriano VI e loro cause. 75 nefìzi, osteggiava ogni specie di simonia e vigilava sollecito sulla scelta di degne persone per gli uffici ecclesiastici prendendo le più esatte informazioni sull’età, costumi e scienza dei candidati: puniva poi con inesorabile rigore le colpe in fatto di costumi. Mai egli faceva una distinzione di persona: i cardinali più influenti esperimentavano lo stesso trattamento dei più bassi impiegati di Curia qualora si rendessero colpevoli di qualche cosa.1 Ai primi di febbraio del 1523 tredici cardinali mossero lagnanze per la poca importanza che Adriano dava al Sacro Collegio col fatto che ne limitava le prerogative e deliberava tutto soltanto coi suoi confidenti Teodoli, Ghinucci e Enkevoirt. Il papa rispose, che era lungi dal disprezzare la dignità e i diritti cardinalizi e che se aveva .scelto i suoi confidenti altrove la ragione ne era, che per l’addietro egli non era mai stato a Roma e che durante la peste non aveva potuto imparare a conoscere i cardinali. - L’accusa precipua, che gli ambasciatori sollevano nelle loro lettere, è rivolta contro la economia del papa e il soverchio trascinarsi in lungo di tutti gli affari. Quanto al primo punto le lagnanze erano ingiustificate, non così completamente riguardo all’ultimo. Anche dato che qui si tratti di esagerazioni da parte dei molti malcontenti, fuori di dubbio tuttavia s’è giunti a molto spiacevoli ristagni. Gli impiegati di Leone X espertissimi nella redazione dei documenti o erano morti o avevano lasciato Roma e poiché Adriano non ne curò subito la conveniente sostituzione, spesso la spedizione degli atti veniva differita in modo intollerabile. Inoltre gli affari non di rado trattavansi molto infelicemente: veniamo espressa^ mente informati che gli ufficiali messi a posto dal papa non solo erano pochi quanto a numero, ma per lo più erano anche molto poco pratici, e lenti per natura, * aggiungendosi che alcuni investiti di cariche importanti, come Girolamo Ghinucci funzionante da uditore di Camera, per esagerata delicatezza di coscienza tiravano in lungo gli affari.4 Anche il datario Enkevoirt era molto lento: spesso i 1 Cfr. Obtiz presso Brrm225; Giovio, Lettere ed. Luzio 28; Nasuto XXXIII, 592; XXXIV, 30, 92; Hofleb 225. 2 * « S. rStà rispose, se il s. collegio si tenea offeso dello honore o coni modo lussino certi non era di sua voluntà, e dello haver facto electione di quelle persone, con le quali si confidava, questo l’haveva facto |>er non essere stato in corte e non conoscer lor S. R"* ». G. de’ Medici da Roma 11 3 febbraio 1523 (Archivio di iS tato in Firenze); cfr. la • lettera 9 febbraio 1523 di A. Germanello in App. n. 97 (Archivio Gonzaga in Mantova). 3 V. in App. n. si la * lettera di Balbi del 23 febbraio 1;>23 (Archivio 'Il Stato in Vienna); cfr. Ortiz appo Buhmass 197 e la • lettera di A. Ger-iba nello del 9 febbraio 1523 nell’A rchivio Gonzaga in Mantova ('". App. n. 79). Tra i rimasti in servizio anche con Adriano in * Reg. brev. Lat. 8 <1521-1523) dell’Ar eh ivi o segreto pontificio compare Evangelista