I partiti imperiale e della lega cercano di guadagnare 11 papa. 307 La fama faceva anche più grande la sua povertà : lo si paragonava ai papi della Chiesa primitiva.1 Eppure lo spogliato ed esiliato papa rappresentava ancora una grande potenza. Ciò risulta ottimamente dalle sollecite premure dei due partiti avversarii per guadagnarselo. Era ben noto anche all’imperatore ciò che venne tentato a questo riguardo dalla Francia e dall’Inghilterra ed espressamente egli vi si riferì nella lettera, con cui felicitò il papa per la sua liberazione. Nella sua risposta del- 111 gennaio 1528 Clemente VII ringraziò per la restituzione della libertà, assicurò, che mai aveva dato colpa all’imperatore dei casi avvenuti in Roma e si dichiarò pronto a fare tutto quanto era in suo potere relativamente alla pace, al concilio e alle altre cose che per il meglio della Chiesa Carlo desiderava : del resto l’imperatore vedrà da sè quanto egli sia impotente fintantoché siano tenuti gli ostaggi e presidiate le città consegnate: riferirà i particolari sulle questioni pendenti Francesco Quiñones.2 Ad un inviato dell’imperatore presentatosi già nel dicembre a Orvieto e che dietro una alleanza formale con Carlo aveva offerto la restaurazione dello Stato pontificio, fu data la risposta: di ciò potrà parlarsi solo quando siano cedute le città presidiate e liberati gli ostaggi.8 Come coll’imperatore così Clemente non si volle dichiarare determinatamente e legarsi in modo fermo neanche colla lega. Nella lettera tutta di suo pugno, colla quale addì 14 dicembre 1527 notifica a Francesco I la sua liberazione, egli ringrazia bensì per l'aiuto prestato, ma abbastanza chiaramente lo dichiara insufficiente tanto quanto in realtà era stato. Infatti l’esercito di Lautrec non s’era per nulla affrettato. Dalla lettera si riconosce che il papa non voleva obbligarsi colla Francia: egli poi scusa il suo patto cogli imperiali siccome estorto dalla forza e dalla necessità. « Per mesi noi insieme coi nostri venerabili fratelli abbiamo sofferto la più dura sorte, abbiamo visto rovinare tutti i nostri affari, i temporali e specialmente gli spirituali, andar a vuoto i tuoi bene intenzionati sforzi per la nostra liberazione, peggiorare anzi di giorno in giorno la nostra situazione, farsi più crude le condizioni proposteci e sempre più svanire la speranza. Perciò ci siamo adattati a ciò che la disperata condizione ci ha strappato. La ragione non bllcò nel 1533 una Apologia prò *acerdotnm barbis che dedicò al cardinale Ippolito Medici. Altri dati bibliografici nel nostro voi. Ili, 631, n. 1 e presso-Ktetrmaxn II, 38. n. 1. 1 8boni 1. I (ed. 1830, I, 47). Cfr. le relazioni senesi presso Fossati-FAr.-ctTTt 32-33. * Lanz, Korrespondenz I, 257-259; ibid. 256-257 la prematura lettera di ^licitazione di Carlo del 22 novembre 1527. Cfr. in proposito Canuto XLVI, •>'-4. 588: Pieper, Nuntiaturen 71 e Wadding XVI*. 243 s. Il testo della lettera Va pale presso Lanz non è corretto ; vedi Baj.ax, Clemente VII 86. 3 Sakuto XLVI, 382.