Wolsey e il divorzio di Enrico Vili. 459 affatto ingiustificata della medesima, che Enrico mirasse al divorzio e che colla sua violenza e impazienza essa non facesse che recare impedimenti al re nelle sue buone intenzioni.1 Allorquando commetteva questa disonestà, Wolsey non presentiva che in tutta questa faccenda egli stesso era un ingannatore ingannato e non sapeva ancora ciò a cui propriamente voleva giungere Enrico e quanto fosse sucido il negozio, al cui servizio s’era messo. Credette quindi di fare un singolare colpo maestro politico quando in Francia, dove, oltre alla missione principale espressa, il suo invio aveva anche l’altra segreta di iniziare prudentemente Francesco I nel progetto di divorzio d’Enrico Vili, si mise di proprio capriccio a correr dietro al progetto di preparare un futuro nuovo matrimonio di Enrico con una principessa francese, con Renata, figlia di Luigi XII.2 Se dopo la conclusione del patto con Francesco 1(16 agosto 1527) egli rimase in Francia fino alla metà di settembre, bisogna ammettere che in questo mese Wolsey abbia lavorato per quel piano. Nelle condizioni del momento egli credeva di potere riuscire nel divorzio senza che il papa n’avesse a sapere alcun che in precedenza. Il suo ambizioso progetto cioè mirava a farsi riconoscere, per la durata della prigionia di Clemente VII, siccome vicario generale pontificio coi poteri più estesi immaginabili e a sciogliere con questa autorità delegata la questione matrimoniale nel senso di Enrico.8 Allo scopo di ottenere questa nomina egli il 15 dicembre 1527 mandò dal papa il protonotario Uberto da Gambara. Frattanto Enrico VIII stesso faceva passi i quali guastavano radicalmente il piano del cardinale, che fino allora aveva creduto di tenere nelle mani la direzione della faccenda. Ai primi di settembre Wolsey ricevette la nuova, che Enrico era in procinto di inviare a Roma il suo segretario Knight. Non presentendo nulla di bene, egli il 5 settembre scrisse al re per dissuaderlo da tale missione, ma ai 10 di settembre Knight gli compariva davanti a Compiègne. Poiché egli stesso aveva mandato a Roma dei negoziatori per la faccenda del re, il Wolsey sperava che l’invio del Knight verrebbe dichiarato superfluo e che l’altro messo regio, il quale doveva venire prossimamente, Cristoforo Mores, porterebbe l’ordine del suo ritorno. Onde evitare sospetti, Knight acconsentì ad aspettare la venuta del Mores, ma non avendo costui portato il richiamo, al cardinale toccò di lasciare che il Knight continuasse il suo viaggio per Roma (13 settembre). Per ingannare il Wolsey lo Knight aveva l’incarico di farsi dare istruzioni da lui ; il cardinale consegnò 1 Cfr. Ehses in Hist. Jahrb. 1888, 617; Gairdneb in Engl. Hist. Review 1896, 679 s. ; Brewer-Gairdner II, 194 ss. 2 Ehses loc. cit. 620 ss. Gaibdkeb loc. cit. 680 s. 8 Ehses loc. cit. 221 s. Gairdneb in Engl. Hist. Review 1890, G80. Cfr. sopra p. 286 s.