Programma di riforma del Carafa. 56» Il non essere riuscito nei suoi sforzi perchè si procedesse energicamente contro gli eretici a Venezia,1 non scoraggiò il Carafa, che ora si rivolse a Roma esponendo con un lungo memoriale al papa nell’ottobre del 1532 le tristi condizioni religiose di Venezia e facendo con grande coraggio particolareggiate proposte per rimediarvi. 2 In esso il Carafa colla più severa azione contro gli eretici domanda nella forma più recisa una riforma radicale del corrotto clero veneziano ben sapendo che mere misure repressive potevano soltanto colpire i sintomi del male, non sradicarlo. Triplice è la sorgente dell’eresia, così va svolgendo le sue idee il Carafa: cattive prediche, cattivi libri, vita cattiva. Ripeto oggi ciò su che tre o quattro anni or sono richiamai l’attenzione di Vostra Santità : bisogna istituire una speciale commissione composta del patriarca, dei vescovi e d’alcuni esperimentati uomini pii allo scopo di esaminare tutti gli ecclesiastici, che intendono predicare e ascoltare le confessioni, circa la loro abilità, vita, fama e fede cattolica. Soltanto i trovati degni potranno esercitare per l’avvenire le funzioni della cura d’anime. D’ora in poi non si danno più eccezioni. Con tutta risolutezza il Carafa mette in guardia dal far compiere questi esami dai generali degli Ordini. Dichiara assolutamente non degno di conto il timore, che i monaci sospesi dalla predicazione e dalla confessione diventino eretici o che sarebbe troppo ristretto il numero dei preti approvati. Meglio pochi preti, ma buoni. È chiaro quanto importino i predicatori: ancor più importanti sono i confessori. Ciò che il Carafa referisce su abusi insinuatisi in questo campo, spiega la sua profonda indignazione. V’ha monasteri di Conventuali, in cui dei fratini, che non sono preti, seggono al confessionale solo per rubare un paio di soldi. In conseguenza dei terribili scandali che così ne derivano si è arrivati al punto, che a Venezia la massima parte della società elevata non va a confessarsi neanche a Pasqua. Dopo di che Carafa viene a parlare del disordine dei monaci vagabondi. Contro costoro bisogna procedere rigorosamente: va posto un freno alla Penitenzieria avida di denaro perchè non conceda sì facilmente dispensa per. uscire dai conventi. Precisamente ora dopo la nomina del penitenziere maggiore.3 è il momento buono per agire. Si tolga ogni cura d’anime ai monaci secolarizzati. Un’altra fonte dei più gravi abusi il Carafa vede nella decadenza delTepiscopato. Poiché i più dei vescovi non osservano l’ob- 1 Cfr. Sanuto LiIV, 239, 241. 2 Su questo memoriale, di cui a ragione Gotiirin (Ignatiun 175) rileva l'importanza, vedi sopra p. 498 s. * Il vecchio cardinale penitenziere maggiore L. Pucci (cfr. su di lui il nostro voi. IV 1, 53 s.) era morto nell’autunno del 1531 ; vedi Ciaconiub III, 338. Sulla condotta del Pucci nel negozio di M. Bandello l’anno 1526 v. Qiom. d. lett. Ilal. XXXIV, 85 s.