Vili PREFAZIONE le precedenti condizioni ; ed interpellare persone esperte e con queste visitarla, per conoscerne lo stato presente. Potè così ben preparato segnalarne i mali, dirne le tristi conseguenze, sollecitare e indicare rimedi, senza arrischiarsi a formulare progetti concreti, ai quali avrebbero dovuto pensare i tecnici ; chè tecnico egli confessava onesta-mente*di non essere, ma di guardare i problemi soltanto con vigile occhio di medico. Come tale, senza potersi ancora del tutto staccare dagli Arabi, seguendo però, secondo voleva il nuovo indirizzo della medicina, principalmente « il divino » Ippocrate (1), affronta la questione igienica e la sviscera, mostrando, come qualche anno prima avevano fatto Luigi Cornaro e Tomaso Rangone (2), che « la sobrietà, la vigilanza e « l’essercizio » rendono l’uomo sano e perciò più atto a resistere gagliardamente anche agli incovenienti del clima. Questa ampia trattazione sulla vita sobria, che occupa una notevole parte del Discorso sopra l’aere, mal converrebbe ad una raccolta di scritture idrauliche ; ma essa è intimamente legata alla prima parte del Discorso, nella quale l’autore tratta della laguna, così come nello speciale Discorso: e però pare giustificato includere, anche per l’età loro, ambedue le scritture nella presente raccolta, quand’ anche non contengano precisi dati tecnici, come quelle di Luigi Cornaro e di Cristoforo Sabba-dino (3), di qualche anno appena anteriori ai Discorsi del Marini. Questi, forse per eccessiva prudenza, non s’ addentra nelle questioni tecniche ; ma ne avrebbe avuto la preparazione, giacché mostra di conoscerle e di ben intuirle, come quando parla della deviazione della Brenta a Chioggia o dell’apertura d’un nuovo porto. Egli più modestamente s’accontenta di rispecchiare le migliori opinioni che ormai venivano imponendosi ai suoi giorni per opera di eminenti studiosi del problema lagunare, da Marco Cornaro a Luigi Cornaro e a Cristoforo Sabbadino. Fa suo quindi il motto, che fu già di Marco Cornaro (4) e che il Sabbadino rese celebre: « gran laguna « fa gran porto ». Vede egli pure nel mare, negli uomini e sovrattutto nei fiumi i mortali nemici della laguna, nella quale essi rendevano ognor più debole la forza vivificatrice, cioè il flusso e riflusso. Consiglia pur egli di liberare la laguna dai fiumi e di scavarla e, allontanandosi < dalla commune opinione di coloro c’ hanno discorso sopra « queste cose », suggerisce un terzo rimedio : « la mutazione della bocca del porto », il cui « sito ci è mostrato dall’ inclinazione delle acque, cioè al scirocco o vero ostro ». Sennonché il Marini giustamente teme, che l’inellutabile lenta opera della natura non possa venir annullata a lungo andare da quella dell’ uomo, il quale dovrebbe pre- (i) Le citazioni di Avicenna, Rasi, Ippocrate, fatte dal Marini, sono esatte e la traduzione di qualche brano di Ippocrate è buona, se non letterale, come a pp. 8 sg. e la del presente lavoro, dove riporta brani del De aere aguis et tocis, sez. I, 1. 48, del De affectionibus, set. II, 1. 142, del De Diaeta, lib. II, 1. 418 (Opera omnia, Venetiis, 1737-59). (2) Cfr. specialmente la prefazione di P. Molmenti all’opera del Cornaro, op. cit. (3) Le celebri scritture del Cornaro e del Sabbadino verranno prossimamente pubblicate nella presente Raccolta. (4) Marco Cornaro, Scritture sulla laguna a cura di G. Pavanello, Venezia, 1919, in questa stessa Raccolta.