DISCORSO DI ANDREA MARINI ECC. del luogo nè i venti del mezzodì nè i paesani imprimer tanta umidità che offendesse gli abitatori, e le stagioni umide apportarebbono poco danno e non sarebbono tanto pericolose le infirmità che pendono dal viver stemperato. Ma, poi che la rivoluzion delle cose ha potuto ridur la laguna in uno stato che senza o con pochi fuochi la città difficilmente si abitarebbe, non si può se non dir con verità che la sia in qualche pericolo, perciò che la lunga guerra o lunga carestia o lunga pestilenza, che sono tutti accidenti possibili, possono sminuir la copia de’ fuochi, .onde l’aere, il qual è umido di soverchio e sente dal moto dell’ acque e dalle altre cause universali poco beneficio, anzi molto danno, si farebbe così morbido che sarebbe poco atto a sostentare la vita umana. A questo s’ aggiugne che possono crescere tanto i difetti della laguna, quando non vi sia provisto a tempo, che non bastaranno i molti fuochi a far sana la città, perciò che si può sminuir il flusso e reflusso dell’ acqua in modo che non saria bastevole a lavar la città, non che assottigliar e purgar l’aere. Di più con ragione si può temere che il porto si serri prima che la laguna si secchi, le quali cose potrebbono metter la città nello stato in che si trovarono già Ravenna, Aquileia e le altre nominate sopra per li medesimi rispetti. Per la qual cosa, sì come è necessaria la copia de’ fuochi per corregger il difetto presente, così è necessario d’ attendere a quei mancamenti della laguna i quali potrebbono render mal sana la salubre stanza di Venezia. Io non intendo di trattar in questo luogo il modo di ridur la laguna in tal stato che il flusso e reflusso siano più veloci e p'iù gagliardi, come ognun sa che bisogna-rebbe, perciò che questo non appartiene al mio istituto ed è stato da altri con molta diligenza trattato ; oltre che ancor io, per l’informazion che n’ ho avuta da periti e da lunga fatica, ho fatto un breve discorso di questa materia ricercato da amici, a’ quali noi potea negare, se ben è diverso dalla mia professione. Ma non tralascierò già di dire che, mentre si faranno quei ripari alla laguna, bisogna con somma diligenza e senza interruzione attendere a disseccar la morbidezza di quest’aere, trattenendovi la moltitudine del popolo che con li fuochi la corregga perpetuamente in fin che la laguna sia ridotta a quel stato che si desidera. Il che piaccia a nostro signor Dio di conceder a questa nobilissima república. A questo modo s’addolciranno le infirmità che sono proprie al sito di Venezia e le volgari parimenti averanno minor forza, massimamente se si terrà quell’ istituto di vivere, del quale tratteremo, perciò che le cause estrinseche non offendano i corpi se non sono disposti a ricever 1’ offesa e se, poiché sarà posta la laguna in miglior stato, gli uomini usaranno l’antica maniera di vivere de’ primi padri e perseverará la frequenza del popolo, sarà la stanza di Venezia per lungo tempo un paradiso terrestre. I mali che fa l’acqua qui sono pochi e quasi dal volgo insieme col rimedio loro conosciuti. Ma le infirmità che nascono dallo scorretto vivere commune, come che siano infinite e più pericolose che le altre dette sopra, non di meno con tre soli precetti si possono in gran parte schifare o raddolcire in guisa che la lunghezza della vita, la qual fu già propria di questa città, e la perpetua sanità degli uomini ritorneranno, nè sarà cosa tanto rara il veder un vecchio sano e robusto. Questi sono la frugalità, la vigilanza e la fatica, con le quali fu dato così alto principio a questa mirabil città e dalla natura di questo luogo furono loro mostrate, la quale, come avemo con l’autorità d’Ippocrate provato, produce gli uomini atti a mangiar poco e bever manco ; a che segue la vigilanza e l’industria. E però, seguendo l’ordine incominciato, io mostrarò quell’ istituto di vivere il quale a me pare più conforme alla natura e agli essercizi della città ; nel che non mi contentarò delle ragioni naturali, ma, con l’autorità de’ medici gravissimi e con l’essempio d’antichissime e chia-