DISCORSO DI ANDREA MARINI ECC. 31 rimedio può supplire al mancamento dell’ acqua de’ fiumi, mantenendola nella grandezza nella quale la mantenevano i fiumi. Nè deve la spesa spaventar così gran Principe, essendo per cavarne in una volta 1’ utile- di molte decene e forse centinaia d’anni. E s’alcun dubitasse che la città fusse per patir disagio di acqua dolce per 1’ uso della vita e della commodità, slontanandosi tanto la Brenta, egli potrà ridursi a memoria che, quando la laguna giongeva a Noventa, s’ usava in Venezia parimente 1’ àcqua dolce del fiume ; nè si stimava tanto la lontananza, poiché si poteva navigar per il salso in fin a 1’ arzere che separava l’acqua dolce dalla salsa, come ora si potrà navigare per i canali aperti col taglio dell’ arze-rone ; e non si dee stimare tanto questo incommodo che ’1 ci rimova dall’ aggrandir la laguna. Il medesimo si può dire della commodità della navigazione, la quale non è d’alcun momento rispetto al beneficio che seguirebbe alla grandezza di essa laguna. Aggiungo a questo che il Principe può più sicuramente provedere di miglior acqua, la quale poco meno supplirà al bisogno, facendo far le sponze de’ pozzi alla grandezza delle piazze, come ora si è fatto dalli clarissimi Procuratori nella piazza di S. Marco, e procurando che le particolari tutte si aggrandissero il più che si potesse. Ma questi due rimedi senza il terzo accresceranno e manterranno grande il movimento molto meno di quello che faranno col terzo ; il quale, ancora che sia lontano dalla commune opinione di coloro c’ hanno discorso sopra queste cose, non di meno, essendo conseguente a’ nostri fondamenti, non restarò di dire, lasciando che altri ne faccia giudizio. Questo è la mutazione della bocca del porto, la quale si potrebbe, per mio aviso, trasportare commodamente altrove per due cagioni : primieramente perchè in quel sito dove ora è posta ella riceve 1’ acque d’Istria, le quali vengono per dirittura nel porto e, oltra che apportano di continovo nella conca la lea della Piave e degli altri fiumi di quelle rive, impediscono ancora la forza del reflusso, il quale, essendo debole per la brevità della conca e per la piccolezza della laguna, diventa per questo rispetto debolissimo nella bocca: per la qual cosa ella s’atterra e si va smarrendo la fusa (1). Poi, perchè le acque di questa laguna inclinano al mezzodì, dal quale è di gran longa diverso il levante ; la qual inclinazione, essendo dal sito del porto impedita, fa che le acque corrono quasi contra natura e con moto violento ; per la qual cosa restano i canali che hanno quel corso e il porto ancora con poco beneficio del reflusso, cioè non si cavano nel modo che ricerca il bisogno, da che la Brenta fu inviata verso Malamocco ; la qual ha fatto e conservato il porto di Venezia per avanti, come ora conserva quell’ altro. S’aggiugne a questo che 1’ acqua del mare nell’ intrar nel porto è sempre spinta e dal corso proprio delle acque d’Istria e dal vento di levante, là dove nell’ uscir non è spinta nè dal proprio impeto, nè da vento potente e ordinario, ma solamente dalla caduta, onde seguono li detti incommodi al porto. Ma qui mi domanderà per aventura qualcuno : dove si dovrebbe trasportare il porto e in che modo si potrebbe mutar dal sito presente a quell’ altro ? e m’ addurrà forse qualche incommodo contro la fortezza della città. Al qual io rispondo che il sito del porto ci è mostrato dall’ inclinazione delle acque, cioè al sirocco, 0 vero all’ostro, il quale con più particolare considerazione potrà essere eletto da periti con questo fondamento ; nè io in ciò intendo d’ abbassarmi a particolari avvertimenti, tutto che non debbo tralasciar di dire che, quando la laguna avéa forma diversa dalla presente e era lontana da questi pericoli, fu il porto, com’ io ho inteso, tra ’1 cimiterio delli ebrei e Malamocco, in bocca di sirocco, il quale, conducendo la Brenta l’impeto delle acque verso San Nicolò, rimase secco (1) Foce.