6 A. SEGARIZ7.I perduti al tutto, avendo riguardo alla loro solita velocità e grandezza,, perciò che il flusso dell’acqua fresca del mare passava oltre la città di gran lunga, la qual acqua, accompagnata dalla discaduta e da l’impeto de’ fiumi, di ritorno la lavava e rinfrescava tutta e rendeva l’aere sottile e puro, come è stato detto. Là dove ora, non avendo la laguna altr’acqua che la marina e essendo picciola la conca, l’uno e l’altro movimento è così debole che rare volte entra l’acqua tresca per tutta la città col flusso commune. E sì come entra con movimento debole, così esce con reflusso più tardo, poi che l’acqua è poca e non ha per ordinario altro impellente che la propia natura di discender dal mar gonfio nella laguna bassa e dall’ istessa piena nel mar rimesso. £ se v’ è qualche differenza è nel flusso, eh’ è maggior del reflusso perchè l’acqua nel discender nella conca è spinta non solamente dal livello, ma ancora dalla quantità instabile e da qualche vento, là dove nel reflusso non ha se non la discaduta oramai quasi insensibile, perciò la città, che soleva due volte il giorno, con sommo beneficio degli abitatori, esser lavata e rinfrescata dall’acqua fresca e netta, rare volte a’ nostri tempi sente quel beneficio e lo prova talora con danno molto maggiore che l’utilità: il che avviene con li sopracommuni (1), coi quali entra gran quantità di terra che ammonisce i canali e rivi della città e di fuori alza le velme, onde si sminuisce ancora più il flusso e reflusso e i sopracommuni, i quali solevano giovare, ora sono pericolosi, perciò che, non avendo l'acqua dove distendersi, s'alza sopra modo e bagna le stanze tutte a pie’ piano. Dal che seguono duri danni incomparabili : l’uno, che le stanze sono di cattiva abitazione e tutto l’aere si avicina alla putrefazione ; l’altro, che si guastano Tacque nelle cisterne, dalle quali nascono mali gravissimi. È ancora fresca la memoria del danno fatto dai sopracommuni l’anno 1559, il giorno dedicato a’ morti; nè sono lontani i testimoni del ’35 a 3 d’ottobre, e del ’42 a 15 di gennaro, e del ’49 nel mese di dicembre, ne’ quali tempi la fortuna del sirocco spinse l’acqua nelle case, il che non occorreva ne’ tempi che la laguna era maggiore. Dalle quali cose si può raccogliere che il movimento dell’acqua non giova più all’aere, come soleva, anzi dal mancamento di quello è rimaso non solamente più umido, ma anche più grosso. A quali mali ne segue un altro più pericoloso che, non avendo i rivi e gatoli (2) sufficiente corso, rimangono bene spesso nell’ora del reflusso senza o con poca acqua e riempieno l’aere di puzzo intolera-bile e pestifero. A questo incommodo segue poi il terzo che la salsedine dell’acqua, la quale era il freno de’ vapori morbidi, per il miscuglio della lea e dell’immensa copia degli escrementi e per la tardità del movimento dell’acqua, è svanita e ha quasi perduta la forza. Per la qual cosa si può conchiudere che l’aere di Venezia, da che la laguna è fatta piccola, di umido è diventato morbido e vi s’è aggiunta la grossezza e il puzzo, perchè il flusso e reflusso è quasi perduto, i venti non giovano come solevano, la salsedine non è più così pura e non si vive più con l’antica frugalità, vigilanza e essercizio, onde la città non è più sana per la salubrità de’ venti, per il moto continuo dell’acqua, per la salsedine e per il modo di vivere degli abitatori, come soleva; anzi, avendo riguardo a quelle cause, si può dire con verità che la sia degenerata da quella sanità che generalmente godeva. E veramente noi provaressimo cattiva la stanza in questo tempo, se la divina providenza, la quale di sua mano fabricò questa gran città per propugnacolo della religione e propria stanza della iustizia, non avesse di man in mano, nel mancar delle cause salubri, proveduto d’altre le quali emendassero con molta (i) Comune è il limite a cui arriva comunemente l’acqua del mare nel suo flusso, segnato nelle pietre da una tinta verdiccia. (2) Condotti per l’immondizie.