8 A. SEGARIZZI dal sito e da’ venti, nell’altro con le strane stagioni de’ tempi dell’anno. Queste da medici sono chiamate « popolari » o « volgari », quelle altre dette « proprie » a ciaschedun paese. Delle «proprie», prima; e poi, con l’occasione, delle «volgari» ancora, quanto ricerca il nostro istituto, ragioneremo. Essendo adunque l’aere troppo umido per la qualità della laguna e per il sito della città esposto a’ venti australi, il quale la fa collocare tra le austrine, si può dire per mia opinione con Ippocrate « che gli uomini di questo luogo hanno il capo umido e flemmatico e sono sottoposti alle scorrente di corpo per la flemma che dal capo vi precipita ; sono per il più di corpo molle e che tosto s’indebolisce, nè di loro natura mangiano e bevono molto, perciò che coloro che hanno il capo umido non sono gran bevitori, con ciò sia cosa che il bere aggrava più loro il capo. Le inflrmità poi agli abitatori più famigliari sono queste o poco da queste dissimili: le donne per picciola occasione s’ammalano e sono la maggior parte soggette a loro flussi donneschi, onde molte per questa cagione sono sterili e altre agevolmente si sconciano e i fanciulli patiscono il spasmo e la difficoltà dell’ anelito, i quali diffetti sono da volgari sotto il nome di « brutta » o « mal caduco » intesi ; gli uomini patiscono assai flussi e scorrente di corpo, febri lente lunghe e fredde e temono molto di emorroidi, patiscono ancora inflam-magione negli occhi, non però molto noiose nè lunghe, se la stagione del tempo non le fa tali, e quando passano i cinquant’ anni sono sottoposti a catarri, i quali con 1’ occasione del caldo o del freddo li fanno cadere o stroppiare di qualche membro. » Tutto questo disse Ippocrate della natura de’ luoghi australi, degli abitatori e loro mali, le quali cose sono tutte in questa città, come con l’istoria e col testimonio de’ più periti medici confirmar si potrebbe, quando il luogo lo ricercasse. Per ciò che la somma de’ mali a Venezia nasce o da flussione o da putredine, che sono minori o non così frequenti o vero dissimili in qualche parte, è da imputarlo alla distanza de’ monti, la qual fa che i venti di mezzodì scorrono oltre la città e rompendosi non possono reflettere con tanto impeto che non rimettino assai della loro forza nella reflessione e di più dà luogo a’ venti settentrionali d’abbassarsi a reprimere o castigar l’umidità de’ venti nemici. Giovano ancora le altre cause salubri dette di sopra e massimamente i fuochi, i quali non lasciano imprimere 1’ alterazione da’ venti nell’ aere. Non resta perciò che quelle non siano le infirmità più famigliari della città per la soverchia umidità de’ luoghi e de’ venti. Le infirmità volgari, che qui nascono dalle strane stagioni de’ tempi dell’ anno, sono inumerabili, come è. incomprensibile il numero delle stagioni particolari tutto che sono state sotto un certo numero da Ippocrate raccolte per farne più illustre la dottrina. E, se.bene tutte le infirmità, ad ogni tempo, in ogni luogo possono nascere, nondimeno importa molto la qualità e natura del luogo ove nascono a far che i mali siano più d’ una che d’ altra maniera. Laonde, lasciando il numero infinito de’ mali di tutte le stagioni, dico che i «popolari», i quali per le stagioni de’ tempi molestano più questa città che le altre d’altra natura, sono di due sorti : 1’ una, è di contagiosi, come sono le febri pestilenti universali, le petecchie, le infiammagioni degli occhi, dette da’ medici «oftalmie», ed altri che passano da uno all’altro corpo per via della contagione; T altra, è di non contagiosi, de’ quali alcuni sono con febre e questi non sono senza qualche malignità, altri sono senza febre e tutti possono nascere dalla stagione del tempo troppo umida. Ma s’aggiugne a’ contagiosi o maggior corruzione o qualche celeste influsso : di che non è tempo di disputare ; gli altri camminano nel commune corso delle cause. Tutte queste infirmità pestilenti e non pestilenti, e se altre ce ne sono di simil natura che molestino la città, qui sono peggiori che ne’ luoghi d’altra