42.0 s’è rtudiato di opporre alia difcreta libertà di quelli Annali, coerente alle Leggi, colle quali s’ha da reggere la Storia, acciocché iìa utile al Pubblico. Ma non iì può già Iafciar pallate, efferfi egli lafciato trafportare dall’ecceffiva paffione fua tant’oltre, che laddove pretende, non dover io trovar cofa biafimevole in veruno de i Papi, pofcia in vece di fapermene grado, bizzarramente meco s’adira, perchè difendo la fama di alcuni d’eiìì, vivuti nel Secolo Decimo, dalla troppo acre cenfura del Cardinal Baronio, volendo che iì rtia alle alìèrzioni di lui, e non già alle fondate ragioni mie in lor favore. Similmente mi vuoi reo, perchè ho toccato i mali effetti del Nepotifmo de’Papi; nè gli palla per mente, che il fanto Pontefice Innocenzo XII. colla fua celebre Bolla più e meglio di me ha parlato contra di tale abufo; e che il celebre Cardinale Sfondrati con Libro apporta ne fece comparire tutta la deformità. Oltre a ciò non vorrebbe, ch’io dopo aver lodata la piena Libertà del facro Collegio, ricuperata già tanti Seco- li fono, in eleggere e confecrare i Papi, avelli delìderato, che ceffino le lunghezze de’Conclavi, e le private palììoni de’facri Elettori in affare di tanta importanza per la Chiefa di Dio. Nè fi ricorda, che 1* Eminentiffimo Cardinale Annibaie Albani in tale occafione fece rillam-pare e fpargere per Roma la famofa Lettera CLXXX. dell’Ammanati Cardinal di Pavia al Cardinale di Siena, dove le irregolarità occorrenti ne’Conclavi fon pienamente riprovate. E che diremo noi delle idee di quello Giornali Ila, allorché pretende aver la Cornelia Matilda donato alla Chiefa Romana Mantova, Parma, Reggio, e Modena? Io noi poffo aificurare, che non ridano gl’intendenti delle Leggi, all’udir sì fatte pretenfioni. Davanfi allora le Città del Regno d’Italia in Governo o Feudo . Come poterne difporre fenza la permiifione del Sovrano? A quello conto avrebbe anche potuto Matilda donare il Ducato di Tofcana, di cui era Duchef-fa. E s’ella avelie donata Ferrara, dove fignoreggiò, ad alcuno: pare egli a quello valentuomo, che legittima folle Hata una tal donazione? Bifogna poi, ch’egli non abbia occhi, allorché fcrive, ch’io chiamo gli Ertemi Duchi della rteffa Ferrara fin dall’Anno 1097. La-feerò ancora, ch’altri dica, qual nome fi convenga a lui colà, dove in difpregio d’illuftri Principi olà trattare da Spurio Don Alfonfo d* Erte, Figlio d’Alfonfo I. Duca di Ferrara, e Padre del Duca Cefa-re: cofa non mai fognata, non che pretefa da i Camerali Romani, per effe re un’evidente menzogna e calunnia. Quello è un impiegare l’ingegno e il tempo, non già in difefa, ma in obbrobrio della fa era Cor-