Anno MDCCXLVI. 3^7 Genova: corfe fofpetto, che i medefimi poteiTero tentare di metterli in falvo col pailàre o di qua o di là dall’Adda verfo il Cremonefe e Mantovano. Ma quelle erano voci del folo volgo. Intanto il Redi Sardegna Seriamente penSando a i mezzi più pronti per procedere contro i Gallifpani, venne col nerbo maggiore delle lue forze verfo la metà di Luglio alla Trebbia, e fece con tal diligenza gittare un Ponte fui Po a Parpanefo, e palTare di là il Generale Conte di Schulcm-burgo con affai milizie, che lì potè aflìcurarne la tefta, ed edere in i-ftato di ripulfare i nemici, fe follerò venuti per impedirlo, fiecome Seguì-, ma lenza alcun profitto. Ciò efeguito nel dì Tedici di Luglio, gli Auflriaci accampati fotto Piacenza, dopo aver fatto Spianare i loro Ridotti e batterie, e meffe in viaggio tutte le artiglierie, munizioni, e bagagli, levarono il campo, e s’inviarono alla volta dellaTreb-bia , abbandonando in fine i contorni della mifera Città di Piacenza. Prima di metterli in viaggio, minarono il Seminario di San Lazzero, per farlo l’altare in aria; non ne feguì già il rovefciamento da eflì pre-tefo: tuttavia qualche parte ne rovinò, e fe ne risentirono tutte le muraglie maeltre, riducendolì quel grande edifizio ad uno ftato com-paflìonevole, benché non incurabile . Fermoflì 1’offe Aultriaca alla Trebbia, e i Generali Marchefe Botta Adorno, Come Broun, e di Lin-den, colla Ufìzialità maggiore lì portarono ad inchinare il Re di Sardegna, il quale affunfe il comando fupremo di tutta 1’ Armata. Tenne-iì poi fra loro un Con figlio gener-ale di guerra, a fine di determinar le ulteriori operazioni della preferite campagna. Per l’allontanamento de’Tedefchi ognun crederebbe, che fi slargaffe di molto il cuore a gl’infelici Piacentini dopo tanti patimenti fofferti in così lungo affedio. Ma appena poterono eglino palleggiar liberamente per li contorni, che videro un orrido Spettacolo di miferie , nè trovarono fe non motivi di pianto. Per più miglia all’intorno quelle cafe, che non erano diroccate affatto, minacciavano almeno rovina; erano fuggiti i più de’con-tadini; perite le beftie; fi fcorgeva immenfa la ftrage de gli alberi. E come vivere da lì innanzi, effendo in buona parte mancato il raccolto preSente, e tolta la fperanza di ricavarne nell’Anno appreffo, non reftando maniera di coltivar le terre? Molto oro, non fi può negare, fparfero gli Spagnuoli per le botteghe di quella Città , per provvederli maffimamente di panni e drapperie; ma il refto del Popolo languiva per la povertà e penuria de’grani. Per fopracarico venuti i Fran-2efi, nè potendo ottenere da gli Spagnuoli frumento o farine , richiesero Sotto pena della vita nota fedele di quanto Se ne trovava preS-fo de’Cittadini, e ne vollero la metà per loro. Non andarono efenti dalla militar perquifizione nè pure i Monifteri delle Monache. In