190 Annali d’ I t a l i a; 13. di Novembre, in cui il Viceré sì per le vigilie e crepacuori patiti , come per veder difapprovata dalla Corte la fua condotta , per non aver 'egli mai, liccome Signore d’animo mifericordiofo e buono, voluto domar colla forza il forfennato Popolo , oppreflb da gli affanni cefsò di vivere. Era già dertinato a quel Governo il Cardinal Teodoro TrivulfLo, perfona di gran mente e prudenza, e che fapeva far anche alle occafioni da bravo, con averne dati più faggi nella difefa dello Stato di Milano. Arrivò egli nel dì 17. del fuddetto Novembre a Palermo, e contro il parere di chi gli coniìgliava d’andar prima a Meflìna; o pure andando a Palermo, di ricoverarli nel Cartello : sbarcato che fu , pafsò francamente alla Chiefa Maggiore fra la gran folla del Popolo, che venerando 1’ alta fua Dignità, e giubilando per ricevere un Viceré Italiano, l’accompagnò colà con inceflanti acclamazioni. Altro non rifpondeva egli, fenon: Pace , e Libro nuovo. Come fe riputarti quieti gli animi di tutti , cominciò a dar udienze ad ognuno, a rimettere in autorità i Magirtrati , agaftigare ani-mofamente chi ricalcitrava, con opprimere dipoi varie congiure, che di mano in mano s’andavano teflendo da i rertanti malviventi. In una parola, con tal dolcezza, e infieme con tal forza maneggiò que’focoli cervelli, che fece tornar la quiete e l’ubbidienza tanto in Palermo, che in altre parti della Sicilia, dove s’era dilatata quella mala influenza. Vegniamo a Napoli, Città, che per eflere tanto più abbondante di Popolo, e Popolo anch’erto fommamente fpiritofo ed inquieto, maggiori e più ftrepitofe fcene, che quelle di Palermo, fece vedere nella follevazion fua, appartenente anch’erta all’Anno prefente. Era fi in quella gran Città per li correnti bifogni della Corona a cagion delle guerre, che in tante parti l’infeftavano, iftituita una gabella fopra le frutta, che perciò fi vendevano più care, ed eretta una Baracca nella Piazza del Mercato, dove ftavano i Minirtri deputati per efigerla. Al baffo Popolo, che fpezialmente fi pafce di pane e frutta, intollera-bil parea quefto nuovo aggravio, e non s’udiva che mormorazioni, e digrignar di denti. Trovoflì una mattina abbruciata la Baracca: il che fece riflettere a Don Rodrigo Pon^e di Leon Duca d'Arcos, e Viceré molto favio, che non era da caricar la povera gente di quel Dazio, e doverli ricavar da altra parte quella fornrna di danaro. Pure cedendo al parer di coloro, a’quali fruttava erta Gabella, rimife la Baracca, come prima. Ora avvenne, che un certo Tommafo Amel- io da Amalfi, comunemente appellato Mas-A niello, giovane di venti-quattro anni, di vivace ingegno, e pefcatore di profertione, introducendo pefce fenza aver pagata la gabella, fu maltrattato da gli efe- cutori