Della lingua albanese e della sua letteratura, ecc. 113 di lui, accenno solo al piccolo e prezioso libro intitolato « L’Albania, quale è stata, quale è, e quale sarà », stampato a Bucarest nel 1899, e poi a Sofia nel 1907, e tradotto in turco, in greco moderno ed in italiano. È dettato in prosa tosca abbastanza pura, e meglio che di dottrina storica, è pieno di buon senso e di una rara prudenza politica, sì che sempre sarà consultato con profitto da chi si occupa e si preoccupa di dare all’Albania una sistemazione naturale e definitiva, che riesca a mettere il suo popolo nelle migliori condizioni, per raggiungere gli alti gradi della civiltà nel più breve tempo possibile. Ma sovra tutti gli amici del Kristoforidhi e sovra tutti i suoi predecessori e contemporanei, come aquila vola Naim Bej, fratello dei sullodati Abdyl e Sami. nato a Frashri nel 1846 e morto a Costantinopoli addì 7 ottobre 1900. Egli incominciò a pubblicare i suoi libri in albanese solo nel 1886 e ben presto riscosse il plauso di tutti e l’affettuosa ammirazione anche dei più umili popolani, alla cui intelligenza si sforzò sempre di rendere accessibili i suoi scritti, che riboccano di ardente ed irrefrenato amor di patria, e che, per il loro autore, costituiscono un vero monumento aere perennius. Non posso qui partitamente dire nè dei suoi volumetti dedicati all’istruzione primaria, nè di quelli che costituiscono le sue opere poetiche minori, come Ba-goeti’ è Bujqcesia (1886), Vjersha (1886), Lulet e Veraes (1890), Parrajsa dhe fjalce fluturàke (1894), Iliàdhee e Omirit, traduzione del I libro dellTliade (1896), Qer-belàja (1898); noto solo in particolar modo il poema epico intitolato « Istoria e Skanderbegut » (1898), perchè è il più importante, sia per il nobilissimo soggetto che ne forma l’argomento; sia per l’arte con la quale egli Studi Albanesi, II 8