Accordi antichi fra l’albanese e le lingue sorelle 41 ticali; e per il neolatino, ma non per altri linguaggi » (v. Arch. glott. it. XXII 125, nota 88). Ebbene, ad ambedue le obiezioni ha già risposto lo Sehucliardt, espressamente, in una sola pagina (citata ibid.). E ad ambedue si è risposto, implicitamente, nelle pagine precedenti di questo articolo. Tuttavia sarà utile qualche aggiunta, che concerne la differenza fra la storia del neolatino e quella dell’ario-europeo. Non dirò nulla, invece, del supposto dualismo fra le innovazioni fonetiche e le non fonetiche, perché, fra l’altro, la credenza in quel dualismo è oggi molto meno diffusa che non fosse nel secolo scorso. Infatti oggi ben pochi pensano che la causa delle innovazioni fonetiche sia fisiologica (129) e che solo quella delle non fonetiche sia psicologica o spirituale. Tutti convengono che la storia dei linguaggi neolatini è di gran lunga più nota che quella dei linguaggi ario-europei, e chi scrive queste pagine lo ammette con particolare compiacimento (130). Inoltre, tutti convengono che la diffusione dell’ario-europeo, dalla sede preistorica, non è avvenuta — a giudicare da quel poco che ne possiamo indovinare — nello stesso modo che la diffusione del latino. A questa differenza se ne possono aggiungere due altre e molto nette, come vedremo. Ma è bene avvertire sùbito che da nessuna di queste tre differenze, o quante siano, consegue l’obiezione che si è veduta or ora. In primo luogo vogliamo rivedere queste figure (cfr. § 8): Figure normali: I. - Iberia Gallia dormis dormis innovazione Italia Dacia dormi dormi