Della lingua albanese e della sua letteratura, ecc. 89 il quale si piegasse alle infinite usurpazioni delle due potenti favelle dell’Ellade e del Lazio, ina senza rinunziare tuttavolta all’esistenza sua, come pur dovette la favella celtica della Gallia fra le strette del solo latino? Per risolvere il problema posto così, l’Ascoli credeva necessaria un’accurata ricerca di siffatti fenomeni d’originalità, i quali, quando pur ricadessero in grembo alla famiglia ariana, o che accennassero a una speciale affinità col gruppo italo-greco, sempre costituirebbero i resti e i vestigi, più o meno abbondanti, d'un idioma affatto particolare, da confrontarsi più sottilmente con quelli che in due moderne lingue circonvicine attestano, alla lor volta, una reazione della favella aborigena, soggiaciuta a quelle degli invasori, oppur ne costituiscono gli avanzi; cioè a dire coi fenomeni per i quali il rumeno si scosta dagli altri idiomi neolatini, e il bulgaro dagli idiomi slavi, senza trascurare anche gli accidenti nei quali il greco moderno concorda coll’albanese, col rumeno e col bulgaro, ma contrasta al greco antico. Mirandosi tenacemente a scoprire il substrato originale dell’albanese, si verranno distinguendo, secondo le giuste conclusioni dell’Ascoli, i vari strati delle sovrapposizioni elleniche ed italiche; cioè gli elementi grecolatini che ancora galleggiano, insieme con quelli turchi e slavi, come estranei, sulla superficie albanese, da quelli a cui ¡’Albanese ha fatto subire, in varia misura, un vero processo di assimilazione; e si discernerà l’impronta che sulla parola estranea ha stampato l’organismo originario, e i segni che le alluvioni straniere hanno lasciato sulla parola indigena; rimediando così al disordine innaturale che la fonologia albanese presenta, quando vi siano investigati alla rinfusa gli elementi originari, insieme cogli estranei, che in età grandemente diverse v’andarono commisti.