122 Giuseppe Schirò cominciato a vedere la luce, anche per mezzo mio; ma siccome ancor molto resta a pubblicare, così credo di far cosa grata agli studiosi annunziando fin da ora che, fra non molto, sottoporrò al loro giudizio parecchi canti ricavati da manoscritti che io possiedo. Il culto per le memorie antiche, in parte illustrate dal Dottor Giovanni Schirò da Piana, con i suoi a Rapporti fra l'Epiro ed il Regno delle Due Sicilie » (Palermo, 1834) e di cui è una geniale, per quanto bizzarra espressione l’opera pubblicata nel 1847 a Napoli da Emanuele Bidera, di Palazzo Adriano, col titolo : « Quaranta secoli, — racconti su le Due Sicilie del pe-lasgo Matn-eer », e l’amore verso l’antica lingua dèi padri si accrebbero sempre più in seguito; come ci attestano i canti di Carlo Duci (1765-1850); di Francesco Parrino (m. di 77 anni il 24 aprile 1831); di Vincenzo Schirò (1820-1875); di Giuseppe Camarda (1831-1878) e di non pochi altri da Piana, ed altresì quelli di Giuseppe Barcia, di Lek, di Vincenzo e di Nicolò Suli, di Giovanni Parrino e di altri da Palazzo Adriano. Di tutti costoro i più importanti, sotto ogni riguardo, sono Gabiele Dar a il giovane, figlio del sopra ricordato Andrea, nato a Palazzo Adriano addì 8 gennaio 1826 e morto a Girgenti a’ 19 novembre 1885, autore del bel poemetto intitolato « L’ultimo canto di Baia », nonché di altre poesie, e Demetrio Camarda da Piana dei Greci (ott. 1821-13 marzo 1882) cui si deve il « Saggio di Grammatologia comparata sulla lingua albanese » (Livorno, 1864), che l’Ascoli ebbe a definire come il più ampio lavoro di grammatica comparata che abbia sin qui veduta la luce nella penisola, e quale vero ornamento della letteratura filologica dell’Italia odierna, avendo in tale opera l’autore messo insieme tanta dovizia di materiali ed avendoci lavorato intorno con tanto acume