Della lingua albanese e della sua letteratura, ecc. 97 onta del Bopp, che dichiara di non aver potuto ravvisare una speciale affinità dell’albanese col greco e col latino, € del Pott, il quale nega addirittura tali affinità, ponendo in dubbio eziandio la pertinenza dell’albanese al ceppo indo-europeo. Quando tale dimostrazione sarà data, conclude il Comparetìi, 1 albanese potrà essere di qualche giovamento nelle ricerche sulle antiche lingue italiche (non so se particolarmente in quelle relative all’etrusco, come crede il prof. Ascoli), sempre però servendosene con molta precauzione. Avendo già accennato alle conclusioni che negli ultimi tempi la scienza ha creduto di dover adottare, ed alle mie obbiezioni circa l’illiricità della lingua albanese e circa le sue speciali affinità col messapico, aggiungo, in fine, che quasi a nulla essa può servire per la interpretazione delle iscrizioni etnische ; sebbene sia logico ammettere che, per la reciproca azione e reazione, in ambedue le lingue debbano essere rimaste delle tracce più o meno rilevanti ed apprezzabili, che attestino il loro non breve contatto in epoca antichissima. Dopo di che, ritornando al fatto che gli Albanesi hanno tentato di scrivere la propria lingua da alcuni secoli, e non potendo tener conto della « Die Pilger-fahrt » dell’Harff, già ricordata dal Meyer e che rimonta al 1496, la quale contiene alcune voci albanesi, mi piace di accennare brevemente che in un codice ambrosiano manoscritto, che per ora non posso meglio indicare, si legge tradotto in albanese un brano dell Evangelo di San Matteo, e propriamente i versetti 62, 63, 64, 65 e 66 del Cap. XXVIII, cioè quello stesso che leggesi nel Sabato Santo neirÓedeos, in tutto dieci righe, oltre la traduzione del breve inno della Chiesa greca relativo alla Risurrezione. Studi Albanesi, II 7