I MONACI BASILIANI d’ItALIA IN ALBANIA 159 personali o collettivi, è spesso dipeso dall’azione più o meno intensa dei Missionari che li hanno assistiti. Ne avremo le prove. Gli Albanesi sono stati troppo lontani dai centri culturali, e troppo occupati con i loro fucili nelle lotte fra tribù e tribù, o contro i loro oppressori, per non interessarsi di questioni religiose. Il bizantinismo nel campo delicato e difficile dei dogmi non fu mai prerogativa degli abitatori dei monti : molto meno dei Chima-rioti, usi a risolver le questioni a colpi di fucile. Ma checche voglia pensarsi intorno a ciò, è fuori dubbio che le disposizioni d’animo dei nostri montanari verso Roma erano sinceramente favorevoli ad un’intesa nel campo religioso-dogmatico : ne abbiamo prove lampanti nella corrispondenza corsa tra essi e il Papa Gregorio XIII. In una prima lettera, che si direbbe di scandaglio e di esplorazione, i Chimarioti scrivevano : JESUS + CRISTUS Al Santissimo Pontefice Sommo dell’Antica Roma (8) Padre degli orfani e consolatore di coloro che ricorrono a Lui. « O Papa Supremo dell’Antica Roma, a Dio Santis-« simo sommamente accetto, o Padre degli orfani e conte solatore degli stranieri (9), Noi della Chimara di Epi- (8) È la forma usuale per indicare le Sede del Papa in opposizione con la Nuova Roma—Costantinopoli. (9) Il testo latino edito dal Korolevs. ha advenae — forastieri; la parola greca del testo originale, che si credeva perduto e che si conserva ancora nell’Archivio Vaticano AA. N. 1746, ha il senso da noi indicato. A quanto si conosce è questa la prima lettera spedita a Gregorio XIII dai Chimarioti; per renderne più facile l’intelligenza l’abbiamo tradotta in Italiano.