88 Giuseppe Schisò avvolgono tuttavia alcuni punti della storia più antica che direttamente inteessa anche l’Italia. Parlo di lingua albanese, e non già di illirico, o di messapico, o di pelasgico, o di etrusco; malgrado tutto ciò che si è detto finora, quasi senza verun solido e sicuro fondamento, circa le affinità e circa la determinazione scientifica della stessa lingua albanese e circa la sua allogazione in uno, ovvero in un altro dei gruppi delle lingue indo-europee. Non è certo questo il luogo di dire a lungo su d’un argomento che va tra i più ardui, come ben dichiarava PAscoli molti anni addietro, non accogliendo in sul proposito tutte le conclusioni del Camarda, per il quale gli Albanesi, così per la lingua, come per la storia, per le tradizioni ed i costumi, sono i diretti discendenti degli Illirio-Macedoni e degli Epiroti dell’antichità, e quindi i continuatori dei Pelasgi, nello stesso tempo che la loro lingua, sempre secondo l’albanologo siciliano, è così strettamente affine alla ellenica, da mostrare che essa sta a questa come gemella a gemella, pur partecipando più largamente, in ispecie nel lessico, dell’elemento che piace chiamare pelasgo-italico. In vero, come scrive il grande glottologo, che la favella albanese abbia moltissimi elementi comuni con la ellenica e con la italica, nessuno ha potuto mai negarlo, tanto è per sè evidente la cosa____Ma i fenomeni fonetici, morfologici e lessicali per i quali l’albanese riesce ad avere la propria sua fisonomia, rappresentano essi la reazione o i resti di una favella che ancora non sappiamo determinare, alla quale si sovrapponessero e la ellenica e la latina; oppur si possono anch’essi in qualche modo ricondurre all’unità italo-greca? ...Deve, o no, ammettersi che l’albanese sia la continuazione dii un idioma indigeno, nè ellenico, nè italico,