154 D. Nilo Borcu « castighi i delitti che si commettono, ogni omo per non « esser maltrattato dall’altro, cerca di farsi forte col magie gior numero di parenti, li quali collocati insieme forti mano varie fattioni secondo le varietà di casate o « schiatte che dir si vogliono, et in tutta l’occorrenza gli « uni gli altri si aiutano e si difendono. « E questa unione passa tanto stretta fra loro, che « con tutto che siano in quinto, decimo, ventesimo grado « di consanguineità hanno per peccato l’apparentarsi. E « quando succeda che alcuno di loro ammazzi un altro « dell’altra fattione, tutti incorrono nella pena, maggiore « o minore secondo che sono più o meno vicini all’omi-« cida, con tutto che non fossero neanche consapevoli del « misfatto: poiché tutti li parenti del morto s’armano « contro l’omicida e li suoi parenti, et a forza lo discacci ciano fuori dalle loro case e terra, senza perdonare nè « a sesso, nè conditione di età ; e doppo spianano le case, « troncano gli alberi, spiantano le vigne, danno fuoco ai « seminati, e così poveri e meschini li lasciano andar <( raminghi di quà e di là, quanto tempo loro piace, e « poi alla fine se non s’aggiustano a forza di denaro, am-« mazzano l’omicida, e, non potendo quello, un’altro dei « suoi migliori parenti, et in questa maniera si pati cificano. « Tale usanza al certo parerà la più barbara ed in-« giusta che possa mai ritrovarsi, ma a[p]po quella gen-« te è fatta così famigliare che non par habbia neanche « ombra d’ingiustizia, et molte volte che io li riprendeva « per tal barbarie, e dicevo che non bastava la parentela « a far la persona colpevole, ogni volta che non concorre « la propria volontà, essendo che filius non portabit « iniquitatem patris, neque pater filii. mi risponde-« vano che questo era il loro tribunale, questa la loro « giustizia, e che se non fosse così rigorosa che per la