Della lingua albanese e della sua letteratura, ecc. 79 tuisce la vita vera, e quindi il libero e fecondo contrasto delle idee, delle credenze e dei sentimenti. Non che nascere ed esser vitale, l’arte, là dove già esiste, rapidamente avvizzisce e muore, per assoluta mancanza di condizioni favorevoli, allorché sulla passione prevale il calcolo, dovuto alla dura necessità di esistenza, di fronte al diuturno bisogno di una vigile ed assidua cura onde evitare urti, che possano determinare reazioni più o meno legittime e violente, ma sempre atte a turbare ed a sconvolgere il fragile abbozzo di società, creatosi solo per il fine precipuo della conservazione della specie. Quale letteratura poteva mai sorgere sotto l’imperio del terrore, in sulle prime, e della diffidenza e del sospetto, poscia, specialmente nei centri più popolosi, e più facili a dominarsi, dove ogni traccia di cultura venne abolita, e dove anche la donna dovette sottrarsi alla civile convivenza, per reeludersi negli intimi penetrali del santuario domestico, onde non attirare su di sé lo sguardia impudico ed il desiderio brutale dell’immondo asiatico, e per non esporre a cimento sicuro la vita dei congiunti, che non si sarebbero mai dati pace, se non avessero lavata nel sangue la benché menoma onta arrecata all’onore? In quel periodo nefasto la nazione parve frangersi più che mai in tribù, e queste in famiglie fra loro ben distinte e non di rado avverse, per motivi religiosi e per interessi materiali, abilmente suscitati e non meno abilmente sfruttati; e sebbene il bisogno di comunicare il pensiero sia inerente alla natura dell’uomo, tuttavia può affermarsi che, in molti punti dell’Albania, in tempi così difficili e pericolosi, ciascuno metteva ogni cura a nascondere il proprio pensiero, senza riuscire, per fortuna, ad assopirsi nel danno presente. Imperocché, ad