Della lingua albanese e della sua letteratura, ecc. 123 e col soccorso di una così buona e larga erudizione, da assicurarsi per sempre un bel posto fra gli Albanologi. Ma già tanto quest opera, quanto la ricca « Appendice » che la completa (Prato, 1886), non meno di tutte le altre,del mio illustre concittadino, sono abbastanza note, perchè sia necessario che io ne dica a lungo; solo ricordo che anch’egli fu non mediocre compositore di versi e che, fra le altre cose, tentò di dare per il primo, un saggio di lingua letteraria comune albanese, con la sua traduzione deH’operetta di Dora D’Istria su « La Nazionalità albanese secondo i canti popolari » (Re-vue des deux Mondes. Tradì, ital. Cosenza 1867; trad. alb. Livorno 1867). Alcuni dei poeti e scrittori, che ora ho nominati, furono discepoli di Mr. Giuseppe Crispi, Vescovo di Lampaco e per parecchi armi rettore del Seminario di Palermo, autore di una Memoria sulla lingua albanese (Palermo, 1831), assai discutibile anche per i tempi in cui fu scritta; di un interessante opuscolo intitolato « Memorie storiche di talune costumanze appartenenti alle Colonie greco-albanesi di Sicilia » (Palermo 1853); di una « Memoria sulla origine e fondazione di Palazzo Adriano » (Palermo 1827) e della raccolta di alcuni canti tradizionali (nella Race, di Canti popol. Sicil. del Vigo) tradotti in Italiano da Francesco Crispi D’Antonino, che, per quanto nipote del dotto grecista, non è da confondersi affatto col grande uomo di stato suo cugino ed omonimo, come qualcuno ha creduto di poter fare. Non pochi fra Albanesi del continente italiano, al pari di quelli della Sicilia, si sono distinti nel coltivare la lin gua nativa. In vero, nel 1762, il soc. D. Giulio \ aribola, da S. Giorgio Albanese Mbuzàti. dopo d’averne avuto li-