Della lingua albanese e delia sua letteratura, ec.c. 119 Il vocabolario del Catalano, che riguarda il dialetto ghego, e non già quello tosco della Chimarra, nè quello delle Colonie di Sicilia, dovette essere compilato, con ogni probabilità, in Italia, su quello del Bianco, su altri lessici manoscritti, nonché sulle opere del Budi e del Bogdan, e forse assai più coll’aiuto di giovani albanesi venuti a studiare in Roma. Esso non è certo inferiore a quello del P. da Lecce, tuttavia inedito, e che non so dove sia andato a finire, dopo che non mi venne fatto di acquistarlo a Paierma, circa 30 anni addietro, e di cui, fin da allora, M.r D.r Paolo Schirò ebbe cura di copiare parecchie pagine. A Mons. Catalano successe il suo compagno di missione D. Filoteo Zassi, da Mezzojuso, eletto, a sua volta, Arcivescovo di Durazzo dal Papa Innocenzo XII, che ben presto lo restituì alla Chimarra, quale Vicario Apostolico, insieme al suo conterraneo, ed anche esso monaco basiliano, D. Callinico Granà. Lo Zassi fece ritorno a Roma nel 1716 ed il Papa Clemente XI. che pur vantava origine albanese, lo nominò coadiutore di Mons. Onofrio Costantini Arcivescovo di Trabisonte, quale prelato assistente nella chiesa di S. Attanasio. Morì nel 1726 mentre già, fin dal 1715, la missione in Albania era stata affidata al P. Basilio Matranga, già Abbate del Monstero di Mezzojuso, ed al P. Giuseppe Schirò, ambedue di Piana. II Matranga, dopo quattro anni, per la sua debole complessione fisica, venne dispensato dall’impiego laborioso, ed in considerazione dei suoi grandi meriti, fu creato Arcivescovo di Ocrida ed assistente nella Chiesa di S. Attanasio, in luogo del defunto Mons. Zassi. Egli però rinunziò alla carica nel 1737 e passò umilmente il resto della vita in Roma, dove morì nel 1748. « Continuò a coltivare quella vigna, scrive il Ro-