94 Giuseppe Schirò l’aiuto dell’albanese sono riusciti assolutamente vani; quindi non è da approvarsi affatto il giudizio di chi vorrebbe far credere come le indagini moderne stabiliscano oramai che la lingua dei Messapi e degli Iapigi ha congruenza piena, nei più importanti fenomeni fonetici, morfologici e lessicali, coll’albanese; nè che l’albanese, per conseguenza, rappresenta la fase più recente dell’antico illirico, o di uno degli antichi dialetti illirici, di cui il messapico mostrerebbe la fase antica. È vero che qualche vocabolo e qualche fenomeno fonetico dell’albanese si riscontrano fra gli avanzi che ancora si hanno, ed assai cospicui, della lingua dei Messapi; ma ciò si spiega facilmente ammettendo che gli Illiri, di cui e Messapi e Iapigi erano rami, andarono a sovrapporsi ad una più antica popolazione che parlava l’antico albanese e che degli scambi reciproci sono perciò avvenuti, quando pur non si tratti di fenomeni comuni, come quelli che l’albanese mostra di avere anche col greco e col latino'. Del resto, se risulterà vero, come non vi ha motivo di dubitare, che esiste qualche iscrizione dettata in lingua albanese, la quale rimonti al VI secolo avanti Cristo, cioè quando esisteva in pieno vigore l’illirico, anche nelle sue fasi veneta e messapiea, si è costretti a concludere che l’albanese è una lingua indoeuropea che sta a sè con i suoi vari dialetti e subdialetti, e che se ha subite, più nel lessico che nella fonetica e nella morfologia, delle influenze non di rado ancor evidenti da parte di altre lingue, con le quali è stata lungamente a contatto, pure ha reagito su qualcuna di esse, come sulla illirica in genere, ed anche nella fase messapiea; oltre che su quegli idiomi che in epoche più recenti le si sono sovrapposti e che tuttavia fioriscono nella penisola