I MONACI BASILIANI d’ITALIA IN ALBANIA 159 « di che n’attenderà i riveriti sentimenti dell’EE. « W. (12) ». Non erano ancora maturi i tempi per simili istituzioni missionarie indigene, nè deve far perciò meraviglia se non ne fu presa in considerazione la proposta dell’Arcivesco di Corfù. Questi tuttavia tornò a insistere anche nell’anno susseguente e modificando alquanto la sua prima proposta, suggeriva che l’iniziativa da lui patrocinata si estendesse almeno ad un numero più ristretto. Le sue insistenze questa volta giungevano a Roma « dopo haver presa così piena informatione della pro-« vincia di Cimarra a lui vicina» e certamente dopo qualche abboccamento con quel Vicario Apostolico, il quale ormai sfinito di forze sentiva di non poter durare più a lungo nella Missione, e da uomo esperto non vedeva altro rimedio per la continuità di essa, alTinfuori di quello. Sarebbe stato di « maggior servizio di Dio — « aveva scritto M.r di Corfù — e bene spirituale di quei « popoli se li 200 scudi che la Sac. Congregazione cor-c risponde annualmente a Monsignor Stanila, suo mis-« sionario in quelle parti, si applicassero per un Semi-« nario da erigersi a Corfù per cinque o sei giovanetti « pur di Cimarra, sotto le cure dell’arcivescovo prò « tempore; perchè così in pochi anni, invece di uno la « sacra Congregazione haverebbe più missionarij, che (v divisi in quelle terre ammaestrerebbero ne Dogmi del-« la Santa fede quei popoli. « Pertanto il medesimo Arcivescovo per maggior « servitio di Dio si obliga di sodisfare a tutto il neces-« sario, havendo già la casa in pronto e facilmente anco » Maestro e Chiesa di rito greco nella sua Diocesi, con « qualche entrata, dove potrà ritirarsi detto Monsignor (12) Arch. Propag. Atti del 1680, Congregazione del 24 settembre.