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Carlo Tagliavini
   Il manuale di linguistica indoeuropea che è più usato dai principianti, specialmente nei paesi latini, è certo Vlntroduction à l'étude comparative des langues indo-européennes » del più grande glottologo francese : Antoine Meillet, libro che ha avuto parecchie edizioni (3). Che cosa vi si dice dell’albanese anche nelle più recenti? cc L’albanais n’est connu qu’à dater du XVII” siècle et sous des formes extrêmement altérées; la plus grande partie du vocabulaire se compose de mots empruntés au latin, au grec, au turc, au slave, à l’italien» (pag. 51-52). La prima affermazione contiene un errore, perchè se è vero che quando nel 1834 J. von Xylander, nel suo libro « Die Sprache der Albanesen oder Schkipetaren » voleva fare un elenco delle opere in lingua albanese non potè trovarne alcuna anteriore al Dictionarium latino-epiroticum del Blancus (Bianchi) pubblicato a Roma nel 1635 (4), è altrettanto vero che le ricerche di Gustavo Meyer, di Norberto Jokl, di Giuseppe Schirò e di Mario Roques hanno permesso di accrescere considerevolmente l’antichità dei testi albanesi (5). Oggi si ammette infatti che il più antico testo albanese sia una formula di battesimo secondo il rito romano, risalente al 1462 e conservata in un manoscritto della Biblioteca Laurenziana di Firenze (6). Anche un testo assai più esteso, e cioè una pericope evangelica di rito greco conservata in un manoscritto della Biblioteca Ambrosiana di Milano e pubblicata già nel 1906 dal Lambros e poi con maggior cura e con uno studio introduttivo da Don Nilo Borgia nel 1930, risale certamente al XV secolo (e non al XIV come crede il Borgia) (7). Al sedicesimo secolo poi appartengono un ampio « rituale » di Gjon Buzuku, pubblicato nel 1554-1555 (forse a Venezia?) (8) e il catechismo di Luca Matranga del 1592 (9). Dunque l’affermazione del