14 Carlo Tagliavini XVIII, 40) e Hermann (KZ. XLI, 46 segg.) si sono dimostrati contrari, mentre Brugmann (KVGr. 168) e Wiedemann (BB. XXVII, 201) hanno accettato in pieno la teoria del linguista danese. Secondo il Pedersen dunque le labiovelari /cw e gw sarebbero palatalizzate dinanzi a vocali anteriori in albanese dando come risultati s e z, mentre le velari pure dinanzi a vocali anteriori danno in albanese kj (q) e gj. E ad illustrare questo mutamento basti l’esempio di pès(è) « cinque »<*p e nk" e (>gr. rcévTe, lat. quinque) (25 bis). Fra le altre caratteristiche fonetiche degli elementi indoeuropei dell’albanese ricorderemo solo : *é viene reso in albanese con o, p. es. lodh(è) « stancare » <*1 é d -, cfr. gr. got. léta (26). o viene reso in albanese con a (come nell’indo-ario, baltico e germanico) per es. asht «osso», cfr. gr. òerréov, lat. os (27). o viene reso in alb. con e. p. es. let'è « otto » cfr. gr. èxTÓ), lat. octo, ecc. (28). s>gj (sh, li, th) p. es. gjasht «sei» cfr. lat. sex (29). sv->v- p. es. vet « proprio »<*s v e . (30). 3. Vedute fugacemente queste principali caratteristiche fonetiche degli elementi autoctoni dell’albanese possiamo passare ad un altro dibattutissimo problema. Di quale lingua del mondo antico è continuatore l’albanese? Il primo che si sia posto questa domanda e che abbia cercato di risolvere il problema in modo metodico è stato il von Hahn che (in Albanesische Studien, Vienna 1853, I, p. 213 segg.) tentò di spiegare parte dei materiali di nomi propri illirici tramandati dall’antichità per mezzo dell’albanese, e si pronunziò per l’origine illirica dell'albanese, quantunque le idee ancora diffuse