180 Gennaro M. Monti di Majorca, dei Vescovi di Gaeta e di Rapolla, del celebre Giovanni Pipino da Barletta (45) e di Guglielmo Bosco, stipulato per notar Guglielmo del giudice Unfre-do da Napoli, di nomina pontificia, di cui la Corte angioina si serviva per atti solenni (46). Con il quale atto, nel caso che il Re avesse ottenuto la Sicilia, ‘Filippo I si impegnava a cedergli, per vendita, il Regno di Albania e il Principato di Acaja con diritti e pertinenze, anche sulle terre allora occupate da Greci e altri scismatici, compresa naturalmente Durazzo, dietro compenso di 70.000 once di oro, da soddisfarsi per un quarto al tempo dell’assegnazione di quei domini, e per tre quarti in tre rate in ciascuno dei tre anni successivi. A garanzia, il Re avrebbe data la sovvenzione generale (47) di tanti Giustizieriati del Regno quanti fossero stati sufficienti a raggiungere quella somma; ma, in caso di eventuale guerra, egli avrebbe dato, invece, tanti redditi di gabella (48) dello stesso ammontare, con la clausola del rendiconto a fine anno per le differenze da riscontrarsi fra i preventivi e i consuntivi di quelle riscossioni. Si riafferma, poi, ancora — già vi accennammo (49) — il vincolo feudale fra il Regno di Albania (e l’Acaja) e il Regno di Sicilia; si conviene che si potrà stipulare in futuro un istrumento solenne al riguardo; si nominano procuratori relativi il Pipino e il de Bosco, i quali ne giurano l’osservanza sull’anima, rispettivamente, del Re e del Principe; si sancisce l’impegno anche per gli eredi; si obbligano tutti i beni delle due parti per l’osservanza dei patti; si stabilisce la durata dell’accordo per un triennio. Il rogito, come si vede, rispecchia con esattezza la situazione di fatto, anche se non specifica le terre davvero in possesso del Tarantino e quelle perdute dagli Angioini, tranne la menzione di Durazzo; viceversa,