I MONACI BASILIANI D’ITALIA IN ALBANIA 121 « Mentre io così pacificamente impiegato stavo in « Cimarra, il Monsignore Arcadio era fra turbini e tem-cf peste agitato in Drimades; perchè quella gente mal-« vaggia non cessando di molestarlo, ogni giorno trovati va nuovi raggiri o per truffargli la sua robba, o per « diffamarlo, acciò le sue parole non havessero più cre-« dito e vigore. « Ma per lasciare l’ingiuria e strapazzi che gli fe-« cero, per non esser lungo e tedioso, dirò solo quello « che alcuni sacrilighi ardirono di fargli, il quale quanti to fosse al Signore Dio dispiaciuto si potrà conoscere « dalla severa vendetta che poco doppo prese contro « di loro ». E’ un incidente doloroso di cui fu vittima Monsignor Stanila e del quale fa pure cenno nella sua Relazione, ma, come sempre, alla sfuggita e con brevissime parole (23). « Essendo dunque un giorno, — continua il De Ca-millis — il Monsignore uscito di casa per andare a viti sitare una chiesa, nel passare che fece dalla piazza tt publica gli si fecero incontro alcuni Drimadiotti delli « quali il capo si chiamava Biasio Celco, mettendogli le t( mani adosso lo pigliarono violentemente in presenza « di molto popolo e lo condussero in un tugurio come in tt priggione, et ivi in varie maniere lo spaventavano hora tt dicendogli che lo volevano ammazzare, hora che lo voti levano vendere alli Turchi, e che però se si voleva « liberare cavasse fuori l’intrate (da loro immaggina-« te) che da Roma gli mandavano e le distribuisse a « loro (24). (23) K.OROL., loc. cit., pag. 69. (24) Arch. Propag. Gli Atti del 1673 Congregazione del 13 Giugno, confermano questi particolari: vi si legge inoltre: a Chi ha presentato